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Le terre bianche: il nuovo argento

Sulle tracce della Serenissima nel Vicentino

Le argille bianche del Tretto, inizialmente un sottoprodotto dell’argento estratto dalle miniere e della Val dei Mercanti presso Torrebelvicino, divennero a partire dal Seicento una risorsa importante, richieste dalle manifatture di porcellane veneziane ma anche faentine e romagnole. Non è quindi un caso che a partire dal 1626 Venezia sottopose a investitura, cioè a concessione mineraria, anche alle buse di argilla, che furono così assoggettate al pagamento della decima mineraria.

descriottione miniere del Tretto

Esauriti i filoni metalliferi e calati drasticamente i guadagni, molte società si sciolsero e rimasero attive solo poche attività di scavo gestite da piccoli imprenditori locali che ritornarono all’antica coltivazione del “caolino” noto anche come “Fioretta di Schio”, nella qualità superiore caratterizzata da l’argilla bianca ricca di silice e ossido di alluminio. I pani di caolino erano venduti ai ceramisti di Nove, ma anche a quelli di Faenza, di Romagna e tedeschi e ogni ceramista aveva una propria ricetta per l’impasto e il dosaggio dell’argilla bianca a seconda del tipo di ceramica che si voleva produrre.

23 – Trasporto caolino

Quando nel corso dell’800 la domanda di pani di “caolino” cresce a seguito dello sviluppo dell’industria e della produzione di porcellana, molti piccoli proprietari e semplici contadini iniziano a scavare nel proprio fondo per estrarvi l’argilla bianca. Le colline attorno a Schio sono punteggiate di botteghe come venivano chiamati i siti dove il materiale estratto veniva separato dalla parte impura attraverso il lavaggio in grandi tinozze di legno e messo ad essiccare in pani al sole all’interno dei casoni, le singolari tettoie con grossi pilastri circolari perimetrali e rastrelliere in legno ancor oggi visibili.
A la metà dell’800 si contano nel territorio attorno a Schio 43 cave di caolino.