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Quando il Vicentino era un mare

Quando il Vicentino era un mareSentiero “Antichi vulcani”

L'altopiano del Faedo offre molte passeggiate naturalistiche e una di queste è dedicata agli antichi vulcani, che diventano riconoscibili grazie alle indicazioni fornite dal percorso. E' l'occasione per familiarizzare con la pietra basaltica, il tipico sasso color nero, qui chiamato "sasso moro", che è una roccia di origine lavica e che ci conferma di essere sul tracciato corretto.

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Quando il Vicentino era un mareDa Priabona a Faedo attraversando Campipiani

La facile passeggiata di circa 2 ore ci consente di attraversare la zona di Campipiani e arrivare al Faedo, godendo della ricchezza dei paesaggi suggestivi e dei tesori storico-naturalistici di questo territorio. Ogni passo è come un tuffo nel passato se teniamo a mente che stiamo camminando sopra lo stratotipo del Priaboniano: un vero “tuffo nel passato” tra gli antichi abitanti di questo mare tropicale.

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Sentiero "Antichi vulcani"

Partendo dalla piazza della frazione di Faedo di Monte di Malo, si imbocca la mulattiera a fianco della chiesa. La strada raggiunge contrada Milani percorrendo a mezza costa parte dell’altopiano del Faedo-Casaron: lì si prosegue per la Strada delle Lore, che prende il nome dalle numerose doline di origine carsica, che ricordano la forma dell’imbuto, ossa “lora” nel dialetto locale. Lungo la strada, sulla destra, si superano anche alcune gallerie della Prima Guerra Mondiale.

Il paesaggio, che si attraversa, è formato da doline, ben visibili per i loro ripidi pendii verdeggianti. Arrivati nei pressi di una piccola baita è possibile vedere l’ingresso della grotta della Pisatéla. Una volta arrivati qui si svolta a destra addentrandoci nel bosco.
Il sentiero, che con una leggera e costante salita riporta a Contrada Milani, è caratterizzato dalla presenza del “sasso moro”, la pietra basaltica di origine vulcanica tipica di questo territorio. Attraversata la contrada, un altro sentiero riconduce a Faedo.

Da Priabona a Faedo attraverso i Campipiani

Nei pressi del centro di Priabona, si imbocca la mulattiera, che raggiunge la frazione di Campipiani, oltrepassando i Sedili dei Giganti e la fontana dei Xotta.

Superata contrada Barbari, si sale lungo la vecchia strada sterrata, che collega Campipiani a Faedo. Arrivati in paese inizia la discesa lungo un sentiero, che entra subito nel bosco, per portarci velocemente verso Priabona. Si attraversa anche l’area di scavo dello Stratotipo del Priaboniano, poco sopra alla chiesa parrocchiale, che si raggiunge in pochi minuti.

Questa tappa del nostro viaggio nel tempo prende avvio tra le mura del Museo Panteologico del Priaboniano “Renato Gasparella”, dove sono custoditi i preziosi fossili grazie ai quali i paleontologi hanno potuto ricostruire l’ambiente nel periodo del Priaboniano. E’ un periodo dell’era cenozoica, poco conosciuto, ma tra i più affascinanti, che va da da 37 a 34 milioni di anni fa, quando i dinosauri si erano da tempo estinti e sulla Terra era iniziato il dominio dei mammiferi e degli uccelli. In quel periodo i mari, liberi dal dominio dei rettili marini, si popolarono di grandi squali, molluschi, alghe e comparvero i primi cetacei. Si tratta di un oceano tropicale, ricco di calcare e poco profondo (50-300 metri), simile a quello delle attuali Maldive, nel cui fondo si sono accumulate argille blu-grige, che poi formeranno le tipiche rocce priaboniane. Queste ultime sono poi emerse a seguito della spinta dei continenti, diventando le colline di Priabona con tutto il loro carico di fossili. Proprio a Priabona nel tardo Ottocento è stato riconosciuto questo periodo geologico, che ha preso appunto il nome di Priaboniano, e poi rintracciato in tutti i continenti.