La tradizione del Carnevale
Sulle tracce della Serenissima nel VicentinoIn una cronaca dell’inizio ‘700 si riferisce che “qui nella nostra Terra di Schio v’è un uso inveterato per consuetudine antica, che, nel carnovale, in tutti i luoghi si fanno balli, giuochi e danze pubbliche e private […] Qui parimente si fa un altro carnevale, che non si usa in altri luoghi, ch’io sappia o abbia inteso, ed è al tempo che si lavora la seta, con maschere bellissime, le quali si portano alli fornelli, menando un poco gl’aspi, finché hanno veduto le padrone e lavoranti; vi seguono anche regali di fiori; vi sono anco maschere che vanno a truppe, con suoni, ed arrivate alli fornelli invitano le giovani lavoranti a danzare e poi, regalati li fiori, vanno in altri luoghi, facendo lo stesso. Al presente però sono diminuite le allegrezze che v’erano in passato”.
Conclude così la sua nota Giacomo Pozzuolo, archivista di comunità, ma noi sappiamo che la tradizione del Carnevale non è ancora spenta.
A Malo in particolare vive un Carnevale di lunga tradizione, di cui troviamo traccia d’archivio proprio all’indomani dell’annessione al Regno d’Italia, che nel gennaio del 1867 nomina Giacomo Manini assessore alle “pubbliche costruzioni, censo e Carnevale”. In questo stesso anno c’è anche una notifica del Prefetto di Vicenza che regola i festeggiamenti per il Carnevale.
Gli archivi ci tornano in aiuto per ricostruire la storia del Carnevale di Malo, qualche decennio dopo, quando nel 1924 è documentata la prima sfilata con carri mascherati, che possiamo ritenere la prima sfilata ufficiale, come documentano foto e le annesse informazioni sul carro vincente intitolato “Il Grammofono”, che prendeva in giro l’invadenza degli apparecchi de “La Voce del Padrone”. Essa è organizzata e realizzata dall’allora neonata Società Pro Malo. A quella del ‘24 seguono alcune edizioni definite memorabili, come nel 1926, anno in cui vince il carro “Il treno Costantinopoli-Vacheta” che alludeva alla promessa, mai mantenuta, di costruzione di una linea ferroviaria locale. Di questa si trova traccia anche ne “Pomo pero” di Luigi Meneghello, che la descrive con la sua elegante ironia: “Una lunga fila di vagoncini neri strattonati dalla Cirolina locomotiva le ruote in legno si sbriciolavano sull’acciottolato”.
Da allora generazioni di maladensi si susseguono nell’allestimento di sempre più fantasiose creazioni attingendo a temi cari alla popolazione locale e di attualità.
Nel 1974 a seguito di un concorso di idee viene creato “El Ciaci” che diventa subito emblema della manifestazione. E a partire dal 1987 il carro, che nelle sfilate riceve più voti e si classifica primo, riceve in trofeo “La Pessa”, uno stendardo per la cui realizzazione si alternano di anno in anno chi tra i maladensi eccelle in pittura.
Questa tradizione ha dato vita a una scuola di cartapesta con sartoria per la realizzazione di maschere e costumi, mentre permane la tradizione delle squadre di carristi di ritrovarsi nelle sere d’inverno ad allestire il carro segretamente, per non rovinare la sorpresa alla sfilata.