Viaggio nel tempo tra i tesori naturalistici

Rocce, minerali e miniere
Le impronte dei grandi rettili
Gli abitanti degli atolli tropicali
I grandi predatori marini
La forza dell'acqua
Un mondo senza luce
Boschi e pascoli di montagna
La diversità è ricchezza
Con gli occhi al cielo
Un filo invisibile
Musei Altovicentino è una rete di musei, che si propongono come porte sul territorio e finestre su paesaggi, che svelano storie inaspettate, ricche di nuovi significati, raccolgono tesori naturalistici unici, che appartengono al Vicentino: dagli strati del sottosuolo, come il Priaboniano, ai minerali rari; dalle impronte di antichi rettili e i fossili di animali e piante tropicali, alle specie viventi endemiche, come la salamandra di Aurora o il proteo, e ai grandi alberi, che sono sopravvissuti a inverni lunghi e guerre mondiali.
Per esplorare l’incredibile ricchezza di questo paesaggio ti proponiamo di fare con noi un viaggio nel tempo e nello spazio, un percorso esperienziale, che si articola in 9 tappe suddivise in 3 aree tematiche: le rocce, le acque e la biosfera.
Per ogni tappa troverai un itinerario, che ti consente di immergerti nel contesto naturalistico, e un’attività pratica, su prenotazione, proposta dal museo per fare un’esperienza unica, che ti permetta di conoscere i tesori naturalistici delle Piccole Dolomiti vicentine da protagonista.
Rocce, minerali e miniere
 
Cosa troviamo sotto i nostri piedi
Rocce, minerali e miniere
+Che storia si nasconde sotto i nostri piedi?

Quando camminiamo lungo un sentiero, forse senza saperlo, stiamo calpestando la storia. Le rocce che accompagnano il nostro cammino si sono sedimentate nel corso dei millenni e possono avere le origini più diverse. Alcune sono nate con le eruzioni vulcaniche, altre dalla fusione di rocce preesistenti o dalla lenta trasformazione di resti di organismi viventi.
A seconda della loro origine, queste hanno delle caratteristiche che le rendono utili a noi uomini, che sin dall’antichità le abbiamo usate per le nostre attività economiche. Il loro valore è fondamentale per il nostro territorio, sia perché sono il basamento su cui si sono sviluppati stupendi paesaggi naturali come le Dolomiti, sia perché le ritroviamo nelle nostre case, nelle contrade, nei paesi e città come elementi architettonici, arredi o utensili.

+Le rocce invecchiano?

Le rocce del Vicentino hanno diverse età, che variano da circa 300 milioni di anni fino a pochissimi milioni. Perché anche loro invecchiano, seppur più lentamente di noi. Il fatto che siano costantemente esposte agli agenti atmosferici, come il sole, il vento e la pioggia, causa dei processi molto lenti di trasformazione fisici o chimici. Nel caso di trasformazioni fisiche le rocce possono fratturarsi o sgretolarsi, formando frammenti di diverse dimensioni e quindi la loro composizione non cambia né si determina un cambiamento della loro composizione chimica. Invece, quando le acque piovane e i gas, che compongono l’atmosfera, reagiscono con i minerali che formano le rocce, danno vita a nuovi minerali o a dei composti amorfi e in questi casi si tratta di vere e proprie trasformazioni chimiche, in quanto la composizione, che ne risulta, è diversa da quella iniziale.

+Come le comunità sfruttavano ciò che la natura offriva loro?

Fin dal passato più remoto le comunità umane hanno studiato con attenzione il territorio, cercando di trarre il massimo vantaggio dalle risorse che le circondano. L’alto Vicentino ha regalato ai suoi abitanti innumerevoli tesori provenienti dal sottosuolo. Qui infatti il settore minerario ebbe uno sviluppo fiorente nel corso dei secoli. La prima concessione mineraria, ossia il primo permesso di estrarre minerali, risale al 1282, anche se storicamente lo sviluppo dell’industria estrattiva avvenne qualche secolo più tardi. In quell’epoca l’epicentro era la Valle dei Mercanti a Torrebelvicino, dove si estraeva l’argento, un metallo prezioso, che diede lavoro a molte persone. Tuttavia non va mai dimenticato che queste risorse sono limitate e si possono esaurire, come è successo con l’argento. Fortunatamente si scoprì che nell’Altopiano del Tretto di Schio c’erano enormi depositi di caolino, un materiale che poteva essere usato per produrre le pregiate porcellane di Nove. L’attività di queste miniere continuò intensamente fino agli anni Novanta del secolo scorso.

+Le rocce conservano anche tracce dei rettili, che hanno vissuto sulla terra milioni di anni fa. Vuoi saperne di più?

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Icona musei citazioneIl nostro viaggio inizia in un’epoca lontanissima, in cui l’uomo deve ancora comparire e la Terra è completamente diversa da come la conosciamo. Metti in moto l'immaginazione e la fantasia se vuoi partire con noi a cercare le tracce di un antico paesaggio composto da rocce e minerali. Le montagne che conosciamo, stanno per emergere da un oceano tropicale costellato di atolli. È ancora tutto disabitato, ma, se hai pazienza, vedrai che nelle prossime soste questo paesaggio si popolerà di numerosi abitanti.

Alla scoperta degli strati rocciosi

Per secoli queste montagne ricche di minerali e rocce sono state esplorate in lungo e largo, da uomini che volevano sfruttare questi tesori. Il Museo Geomineralogico e del Caolino di Schio racconta questa storia con una ricchissima esposizione di minerali proveniente dalla Val Leogra, ma non solo, e con documenti che raccontano l’attività estrattiva nell’Altopiano del Tretto, dove si estraeva inizialmente l’argento e poi il caolino, che si rivelò altrettanto interessante dal punto di vista economico.

Le impronte dei grandi rettili
 
Una cartolina di 300 milioni di anni fa
Le impronte dei grandi rettili
+In passato nel nostro territorio vivevano grandi rettili?

All’alba dei tempi, circa 255 milioni di anni fa, l’area di Recoaro era una vasta pianura alluvionale solcata da fiumi e ricca di laghi. Il clima era caldo e ciò permetteva alla vegetazione di crescere rigogliosa. La flora era composta per lo più da felci, che potevano raggiungere anche i 10 metri, mentre la fauna comprendeva rettili di piccole dimensioni come lucertole o più rari esemplari di Pareiasauri, antichi parenti dei Dinosauri, lunghi fino a tre metri e di una tonnellata di peso, che avevano sulla schiena una crosta che probabilmente serviva loro a regolate la temperatura corporea.

+Come hanno fatto a conservarsi fino ad oggi le loro orme?

Questi grandi rettili avevano l’abitudine di passeggiare in pianura, che all’epoca era particolarmente fangosa, lasciando le loro impronte. In alcuni casi queste sono state ricoperte da strati di fango che col tempo si accumulavano e, asciugandosi velocemente, si trasformavano in strati di roccia. Grazie a questo processo le impronte hanno potuto conservarsi fino ai giorni nostri. Nel Museo Civico Domenico Dal Lago puoi trovare le tracce di questi antichissimi esseri viventi.

+Come mai si sono estinti questi animali?

La maggior parte degli esseri viventi che abitavano la Terra è improvvisamente scomparsa circa 250 milioni di anni fa, quando si estinsero oltre il 95% delle specie marine e del 70% di quelle terrestri. Fu la più grande estinzione di massa mai vista, decisamente più grande di quella del Cretaceo, famosa perché decretò la fine dell’era dei dinosauri. Tra le possibili cause si ipotizza un rapido cambiamento climatico causato probabilmente dall’enorme eruzione di un vulcano che si trovava nell’attuale Russia. Questo evento catastrofico ha causato un massiccio rilascio di CO2 nell’atmosfera che ha portato a incendi diffusi e all’inaridimento del territorio. Nelle zone in cui il mare non era profondo si sono depositati numerose ceneri vulcaniche. La presenza di zolfo, metano e anidride carbonica, derivati dalle eruzioni vulcaniche, cambiò molto l’ambiente rendendolo invivibile per la maggior parte degli esseri viventi. Inoltre le eruzioni causarono un aumento della temperatura media globale di oltre 10 °C, che probabilmente indebolì le correnti oceaniche del pianeta, e rese le acque troppo calde per la maggior parte delle specie marine.

+Che clima c’era nella preistoria? Quali animali e piante vivevano il nostro territorio miloni di anni fa?

scoprilo nella prossima sosta

Icona musei citazioneA partire da 300 milioni di anni fa, si sono formate le rocce e i sedimenti rocciosi, che conservano traccia di antichi cambiamenti climatici. Comincia così una storia popolata da esseri viventi che si sono adattati ai mutamenti ambientali o che oggi sono scomparsi: tra questi i rettili, che lasciarono le loro impronte in alcune zone del Vicentino, divenute poi fossili.

Storie tra le rocce

A passo lento possiamo esplorare sentieri che ci raccontato storie tra le più varie. L’origine dell’Alto Vicentino risale a centinaia di milioni di anni fa. E’ un’avventura fatta di mare e di terra, di maremoti e terremoti, di animali marini e di rettili. Ed è tanto antica da essere custodita nelle rocce che calpestiamo.
Strade e sentieri, torrenti e ruscelli, case palazzi e negozi… ma 300 milioni di anni fa cosa c’era al posto di tutto questo?
Per scoprirlo possiamo osservare le rocce e i fossili, bravissimi narratori, custoditi nel Museo Civico Domenico Dal Lago di Valdagno, mentre nel giardino esterno si possono vedere le ricostruzioni integrali degli scheletri di due sauri, che vissero sulla terra milioni di anni fa.

Gli abitanti degli atolli tropicali
 
Quando nel Vicentino c'erano gli atolli e un clima tropicale
Gli abitanti degli atolli tropicali
+È vero che una volta nell’alto Vicentino c’era un mare tropicale?

A vedere il paesaggio attuale, strade e costruzioni a parte, non ci fa certo pensare a una spiaggia tropicale, ma piuttosto a un paesaggio di montagna anche quando ci troviamo in pianura. Invece, milioni di anni fa, il clima era di tipo tropicale, con temperature sempre piuttosto calde. Al posto di boschi e vallate, c’erano atolli vulcanici, barriere coralline, acque tiepide e popolate da pesci colorati e granchi dalle forme curiose. Ciò era dovuto alla diversa posizione delle placche tettoniche, che, come sostiene la teoria tettonica, sono delle porzioni di crosta terrestre in grado di muoversi, per cui queste terre si trovavano più a sud. Altro fattore concomitante fu probabilmente l’intensa attività vulcanica, tipica di quel periodo, che immetteva nell’atmosfera grandi quantità di CO2, generando un potente effetto serra.

+Che piante e animali vivevano sulle coste del mare tropicale?

Tra i 20 e i 40 milioni di anni fa, quello che oggi è l’alto Vicentino si trovava sulle coste di un antico mare chiamato Tetide. Sebbene la linea di costa venisse periodicamente sommersa, per poi riemergere in epoche successive, l’ambiente generale era quello di una laguna tropicale, con fondali bassi e piccoli isolotti vulcanici. In questa antica laguna nuotavano pesci, coccodrilli, tartarughe e molte specie ormai estinte. In cielo volavano uccelli marini, eredi dei grandi rettili del Mosozoico, mentre i bassi fondali ospitavano piccoli crostacei e altri invertebrati, oggi sostituiti dagli insetti, che vivono nelle terre emerse. Le palme che crescevano sugli atolli hanno lasciato posto ai boschi di carpino e faggio, piante autoctone tra cui recentemente sono comparse anche piante più esotiche, importate dall’uomo da aree temperate, come la robinia nordamericana, se non addirittura tropicali, come il gelso della carta del Sud Est Asiatico.

+Come siamo arrivati al clima attuale?

Dopo le ere glaciali, il clima dell’alto Vicentino si è raffreddato e si sono così create le condizioni in cui viviamo oggi. Tuttavia non dobbiamo pensare che le condizioni attuali rimarranno immutabili per sempre. Il clima sta ancora subendo delle trasformazioni e si sta assistendo ad una nuova tropicalizzazione del Mediterraneo, con un cambiamento climatico molto rapido e improvviso, non più causato dai vulcani, ma dalle attività umane inquinanti, che hanno innescato il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale, che sta mettendo in pericolo la vita di molte specie animali e vegetali. Per proteggere i tesori, che la natura ci ha donato, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte per contenere le emissioni di gas serra e adottare degli stili di vita più sostenibili.

+Ma chi abitava questi atolli tropicali?

Vai alla prossima sosta per scoprirlo.

Icona musei citazioneProbabilmente resterai incredulo nel sapere che, dove ora ci sono valli e boschi, c’era un atollo con palmeti e calde acque, in cui vivevano gamberetti, aragoste, “canocchie di mare”, molluschi giganti e mammiferi acquatici. Eppure 50 milioni di anni fa moltissimi granchi dalle forme e dimensioni le più diverse abitavano i mari di quella che oggi è la terra vicentina. Questi esseri viventi, assieme ad altri animali marini, si sono adattati agli svariati ambienti allora presenti dalle barriere coralline ai fondali marini sabbiosi o rocciosi.

Un paesaggio vulcanico

Palme e granchi erano di casa nell’Alto Vicentino, milioni di anni fa. Ne puoi trovare delle testimonianze nel Museo Civico Zannato di Montecchio Maggiore, che conserva una stupefacente collezione di piante fossili e meravigliosi crostacei.

I grandi predatori marini
 
I denti dello squalo gigante che nuotava dove ora ci sono delle colline
I grandi predatori marini
+Che animali abitavano il mare tropicale che si estendeva sul Vicentino nella Preistoria?

40 milioni di anni fa l’alto Vicentino era ricoperto da un mare che gli studiosi hanno chiamato Tetide. Questo mare era abitato da molluschi, echinidi (ricci di mare), crostacei ma anche da grandi predatori come lo squalo Otodus sokolovi, che poteva raggiungere una lunghezza di 10 metri. Lui era uno dei più grandi predatori della sua epoca e oggi se ne può vedere un modello a grandezza naturale all’interno del Museo Paleontologico del Priaboniano, dove sono conservati anche dei denti fossili di questa enorme creatura, rinvenuti nella zona.

+Studiare le rocce può diventare un lavoro?

Tutte le scoperte e le conoscenze che abbiamo di quello che è successo sulla Terra milioni di anni fa, lo dobbiamo a chi dedica o ha dedicato la sua vita allo studio delle rocce. Per la precisione chi studia i fossili è detto paleontologo, dal greco paleos che vuol dire antico, per cui il paleontologo o la paleontologa è la persona che studia le cose antiche. Si occupa della ricerca, dell’analisi di resti pietrificati per ricostruire e descrivere ciò che è accaduto nel passato, cercando di individuare le cause. Questa è un’attività che richiede molta pazienza, e a volte anche fatica, ma, grazie ai dati raccolti, chi studia può ricostruire la storia più antica di un territorio e la sua evoluzione, così da comprendere anche alcuni fenomeni che accadono ai giorni nostri.

+Scopri nella prossima sosta l’importanza che da sempre l’acqua ha per il territorio.
Icona musei citazioneQuando ormai i dinosauri si sono estinti, sulla Terra inizia il dominio di mammiferi e uccelli. Nei mari si diffondono grandi squali, molluschi, alghe e compaiono i primi cetacei. Siamo nel Priaboniano, un periodo che va dai 34 ai 37 milioni di anni fa, che deve il suo nome ad uno strato geologico individuato per la prima volta proprio a Priabona di Monte di Malo. Esattamente a quest'epoca risalgono i tre denti fossili, grandi come una mano umana, appartenuti ad uno squalo gigante, che nuotava in queste acque trovati a Priabona.

Quando il vicentino era un mare

Un enorme squalo nuota sospeso nel Museo Paleontologico del Priaboniano di Monte di Malo, che deve il suo nome a una scoperta geologica di fine Ottocento fatta proprio in questo comune ad opera di due geologi francesi. Da allora è stato identificato lo stratotipo Priaboniano e questa scoperta mondiale negli anni ha attratto le attenzioni di studiosi e ricercatori da tutto il mondo.

La forza dell'acqua
 
Le grotte prodotte dall'erosione delle acque
La forza dell'acqua
+L’Altopiano dei Sette Comuni è un territorio carsico. Cosa vuol dire?

Il problema dell’acqua è una questione vitale in molte parti del pianeta e un tema di attualità che nell’Altopiano dei Sette Comuni ha una lunga storia, perché questo è un tipico territorio carsico che, a causa della composizione delle rocce, fatica a trattenere in superficie l’acqua piovana. In un ambiente del genere, è difficile che si formino naturalmente delle pozze o dei laghi, perché l’acqua scorre veloce verso le viscere della Terra.
L’Altopiano dei Sette Comuni poggia su rocce fatte per lo più di carbonato di calcio, un minerale idrosolubile che, in certe condizioni naturali, può essere sciolto o eroso dall’acqua nell’arco di decine, centinaia o migliaia di anni. Quando questa roccia calcarea si combina con l’acqua e l’anidride carbonica si avvia un processo chimico che permette all’acqua piovana di scavare a poco a poco la roccia e penetrare in profondità, lasciando a secco la superficie, così che chi ci abita deve individuare delle soluzioni ingegnose per il recupero delle acque.

+È difficile gestire l’acqua in un ambiente carsico?

Gestire l’acqua in un ambiente carsico, come quello dell’Altopiano dei Sette Comuni, significa apprezzarne il valore come bene fondamentale. Oggi abbiamo la tecnologia che ci consente di riportare l’acqua che scorre nel sottosuolo fino al fondovalle di nuovo in quota e alimentare l’acquedotto di questi paesi montani. Questo non significa che sia una cosa semplice: pompare migliaia di metri cubi di acqua per risalire un dislivello di quasi mille metri, richiede energia e risorse notevoli da non sprecare. La memoria del passato, la vita nelle malghe tra cisterne e sistemi di raccolta dell’acqua piovana e, in generale, una gestione sostenibile dell’ambiente, in cui oggi viviamo, sono temi di discussione di grandissima importanza, che è trattato approfonditamente proprio dal Museo dell’Acqua di Asiago.

+Dove va a finire l’acqua che penetra nel sottosuolo?

Quando l’acqua penetra nel sottosuolo scava dei percorsi lunghissimi, erodendo e sciogliendo le rocce, formando grotte e dando origine a fenditure per giungere fino alla pianura e al mare. In alcuni punti di questo percorso si formano anche dei veri e propri laghi sotterrai dove l’acqua si accumula, alimentando temporaneamente piccole sorgenti lungo i pendii e nei fondivalle. Questi bacini sommersi sono una delle fonti d’acqua più delicate e preziose di cui disponiamo, un vero tesoro da proteggere e studiare in un’epoca in cui un clima sempre più secco e tropicale, con piogge concentrate in pochi periodi, sta mettendo a dura prova le nostre riserve idriche.

+ L’acqua è un’importante fonte di vita.

Approfondisci questo tema nella prossima sosta.

Icona musei citazioneLa maggioranza delle grotte carsiche delle nostre zone si è sviluppata nell'arco di alcune migliaia o persino milioni di anni, in seguito a processi di soluzione chimica delle rocce, cioè si sono sciolte. Il fenomeno ha interessato soprattutto calcari e dolomie, che si sono formate milioni di anni prima per sedimentazione sul fondo del mare e che poi sono state sollevate formando le montagne dell'arco prealpino vicentino. Questo processo di corrosione dà vita nel corso dei millenni a quello che è considerato il secondo massiccio carsico d’Europa: l'Altopiano dei Sette Comuni, così ricco di cavità, ma così scarso di acqua.

Quel che sta sotto ai piedi

Nell’Altopiano dei Sette Comuni l’acqua è una risorsa preziosa e scarsa. Infatti il terreno carsico non riesce a trattenerla, facendola sparire nel sottosuolo e ciò rende difficile tutte le attività umane. In questo contesto è nato il Museo dell’Acqua di Asiago, dedicato ad uno dei tesori più inestimabili che abbiamo: l’acqua fonte di vita.

Un mondo senza luce
 
Il proteo vive in pochissimi habitat
Un mondo senza luce
+C’è vita nel sottosuolo?

Il nostro territorio cela un mondo sotterraneo tutto da scoprire, attraversato da acque dall’origine misteriosa e abitato da animali fantastici. Uno dei protagonisti della vita sotterranea è il proteo, un essere vivente dall’origine misteriosa: un anfibio completamente adattato alla vita nelle caverne, quasi completamente cieco e dall’aspetto privo di colore. Dal punto di vista biologico ha anche un’altra caratteristica particolare: il suo corpo ha uno sviluppo incompleto e mantiene anche in età adulta un aspetto “larvale” e dei caratteri giovanili, come le branchie. Sappiamo che i protei sono comparsi qualche decina di milioni di anni fa, ma si sono così profondamente adattati all’ambiente cavernicolo, da legare ad esso il loro destino. La loro sopravvivenza dipende da quella degli ambienti carsici e delle loro acque. Ciò li rende degli ottimi bioindicatori dello stato di salute dell’ecosistema, cioè un organismo utile a valutare le modificazioni della qualità di un ambiente.

+Quali animali riescono a vivere nelle caverne?

Un ecosistema cavernicolo è un luogo estremo per le forme viventi, privo di luce e periodicamente inondato dall’acqua, con un tasso di umidità altissimo e profondità spesso vertiginose, che può prendere la forma di grotte enormi o pertugi strettissimi. La vita, che ha colonizzato questi ambienti, formata dai piccoli invertebrati troglobi ai grandi orsi delle caverne fino agli uomini preistorici, si è evoluta adattandosi a queste condizioni estreme, abitando questi luoghi come rifugi preziosi quanto spietati. Ancora oggi le caverne rappresentano un ambiente poco conosciuto, inesplorato e ricco di misteri ancora da scoprire, luoghi ideali tra l’altro per ambientare miti e leggende.

+Si può esplorare il sottosuolo?

Il sottosuolo rimane ancora un frontiera inesplorata, accessibile a pochi, audaci avventurieri. Un mondo magico e strabiliante pieno di meraviglie che tuttavia si possono scoprire con la giusta preparazione. Se si decide di esplorare di persona il sottosuolo, meglio insomma essere speleologi, cioè persone che si avventurano nel ventre della Terra, attraversando le grotte e le caverne sotterranee. Per diventarlo bisogna allenarsi duramente. Questa disciplina infatti richiede molte competenze, che spaziano dalle tecniche dell’arrampicata fino al nuoto subacqueo in cavità sommerse. Queste conoscenze fondamentali si possono imparare attraverso corsi specializzati e allenamenti specifici. Un volta diventati speleologi, si avrà accesso ad un mondo nuovo, tutto da scoprire e visitare per la prima volta. Per tutti gli altri però è possibile avvicinarsi a questo universo entrando al Museo della Speleologia e del Carsismo.

+Dopo questa immersione, torna alla luce del sole per esplorare i boschi e i prati prealpini

Vai alla prossima sosta.

Icona musei citazioneLe grotte sono da sempre dei luoghi magici, in cui sono state ambientate storie straordinarie. Nelle favole custodiscono tane di draghi e favolose creature, covi di pirati oppure misteriose vie per raggiungere gli inferi. Nella realtà sono state luoghi di riparo e abitazione per gli uomini primitivi, i viandanti e i pastori fino ai giorni nostri. Entrare in una grotta significa entrare nelle viscere della Terra e andare a ritroso nel tempo, alla scoperta di tutto ciò che vi è custodito, proprio come si trattasse di un tesoro dei pirati!

Le grotte sono ambienti estremi

Anche nelle caverne più profonde e negli antri più remoti la vita prolifica. Lo puoi verificare con i tuoi stessi occhi al Museo della Speleologia e del Carsismo di Valbrenta, situato all’imboccatura delle Grotte di Oliero. Questo è un luogo affascinante, che rappresenta un ecosistema unico al mondo, dove vive il proteo, una specie particolarissima di anfibio, che abita nelle tenebre del sottosuolo.

Boschi e pascoli di montagna
 
Animali e piante che popolano il paesaggio della montagna
Boschi e pascoli di montagna
+Come sono nate le nostre montagne?

Le montagne che coronano a nord il territorio vicentino sono il frutto dei movimenti delle placche terrestri, ovvero i blocchi sotterranei in cui è suddivisa la crosta terreste. Questi blocchi sono in perenne movimento e quando si scontrano generano dei sollevamenti di terreno che portano alla nascita di enormi accumuli di roccia, ovvero le montagne. Le rocce cominciarono a piegarsi e ad avanzare formando pieghe e falde che si sovrappongono le une alle altre, proprio come avverrebbe se spingessimo, l’una verso l’altra, le due estremità di un tappeto. Questa è la cosiddetta Orogenesi.
Da uno di questi scontri sotterranei tra la placca europea e quella africana, avvenuto milioni di anni fa, si è creato un sollevamento tettonico che ha portato alla formazione di uno dei più affascinanti complessi montuosi: la catena Alpino-Himalayana, che si espande dall’Europa all’Asia. Questo sollevamento è iniziato a partire da 50 milioni di anni fa ed è tutt’ora in atto, anche se non ce ne accorgiamo.
Le Alpi sono quindi il risultato della collisione tra placche: quella africana si è spostata verso Nord ed è andata a occupare le quote più elevate, mentre la placca europea si è incuneata sotto a quella africana. La forma delle montagne invece è l’esito di un’erosione che dura da milioni di anni e di altri eventi geologici, che hanno modellato la loro morfologia come noi la possiamo vedere ai nostri giorni.

+Che tipi di habitat si possono trovare nelle Prealpi vicentine?

Nella fascia pedemontana, che collega la pianura alla montagna, troviamo oggi una varietà di habitat che sono l’esito di una millenaria interazione tra uomo e natura. Se fino al Medioevo l’ambiente prealpino era caratterizzato da folte selve e praterie d’alta quota, con il passare dei secoli e l’intensificarsi della presenza umana, si è assistito alla creazione di un mosaico di ecosistemi per lo più plasmati dall’uomo per le sue esigenze a partire dall’agricoltura, l’allevamento, l’industria e la selvicoltura, ovvero la creazione e gestione dei boschi per ricavarne il legname.
Quindi anche i boschi, che ci appaiono come luoghi incontaminati, in realtà sono concepiti dall’uomo per sfruttare le risorse naturali. Altri ambienti semi-naturali presenti sul territorio sono i prati dedicati al pascolo con pozze d’alpeggio a servizio delle malghe e delle produzioni casearie.
Passeggiando per questi ambienti montani si può provare a fare un tuffo nel passato per capire l’evoluzione che ha segnato il paesaggio. Ma anche per immaginare un futuro, nel quale la presenza umana potrà essere più discreta e meno invasiva, sapendo che gli habitat, in cui viviamo, sono l’esito delle trasformazioni fatte da chi ci ha preceduto.

+Ti piacerebbe scoprire la biodiversità del nostro territorio?

Vai alla prossima sosta  per approfondire questo mondo fantastico.

Icona musei citazioneAlla fine del Quaternario, cioè 10.000 anni fa, le montagne emerse e il territorio vicentino con le valli e gli altopiani sono già plasmati dai ghiacci, che ora cominciano a ritirarsi lasciando spazio a boschi e foreste, disegnando un paesaggio in parte simile a quello che conosciamo oggi. In realtà l'ambiente pre-alpino, che ci appare affascinante e vario, è frutto dell'intervento dell'uomo, che lo ha plasmato con il suo lavoro creando paesaggi montani sempre più in contrasto con la natura: l'Altopiano dei Sette Comuni, l'Altopiano delle Montagnole, l'Altopiano Faedo-Carson e l'Altopiano dei Tretti.

Ci servono tutti i sensi per conoscere la montagna

Il Museo Naturalistico Didattico Patrizio Rigoni di Asiago è un laboratorio in continua evoluzione, aperto alla natura e al territorio. Nelle sue stanze è possibile scoprire l’ambiente pre-alpino della montagna vicentina. Il percorso di visita è un invito a immergersi nella natura e a visitare l’Altopiano dei Sette Comuni, che lo ospita, e tutte le montagne vicentine, come quelle di Recoaro Terme o di Tonezza del Cimone.

La diversità è ricchezza
 
Tutti insieme appassionatamente
La diversità è ricchezza
+Che cos’è la biodiversità?

Camminare con curiosità e attenzione in mezzo alla natura è il miglior modo per cogliere la biodiversità e iniziare a studiarla. Questo termine fa riferimento alle varietà di specie animali e vegetali che abitano il nostro pianeta. Come abbiamo raccontato nelle soste precedenti, le specie attuali si sono evolute e trasformate nel corso di milioni di anni.
Gli organismi viventi interagiscono in ecosistemi dinamici, avendo un impatto positivo nell’ambiente in cui viviamo. Prendiamo ad esempio un piccolo insetto come l’ape, che è fondamentale per l’ecosistema perché svolge un prezioso lavoro di impollinazione: volando da un fiore ad un altro in cerca di cibo, trattiene con le sue zampe i pollini e li porta a fecondare altre piante, permettendo così la riproduzione delle piante che ci forniscono cibo e altre risorse fondamentali, come il legno.

+Perché le api sono così importanti per il nostro ambiente?

Si stima che le api domestiche e selvatiche siano responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscano circa il 35% della produzione globale di cibo. Gli insetti impollinatori svolgono in natura un ruolo vitale come servizio di regolazione dell’ecosistema. La protezione di questi insetti, in particolare api e farfalle, è quindi di fondamentale rilevanza per l’intero pianeta. La biodiversità infatti è una risorsa fondamentale per la nostra sopravvivenza, perché ci assicura aria pulita, acqua potabile, terreni di buona qualità e l’impollinazione delle coltivazioni. La scomparsa, anche solo di una specie, può avere un impatto di vasta portata sulla catena alimentare. Pensiamo a cosa potrebbe succedere se scomparissero le api…

+La biodiversità è in pericolo?

Purtroppo negli ultimi decenni molte specie stanno scomparendo a un ritmo allarmante, principalmente a causa di attività umane come la cementificazione del suolo, l’inquinamento di terra, aria e acque, e il riscaldamento globale. Non possiamo conoscere di preciso quali saranno gli scenari se non arrestiamo questo processo, ma sappiamo che è la convivenza di diverse forme viventi ad assicurarci l’esistenza e la prosperità, per cui dobbiamo favorire con ogni mezzo la conservazione della biodiversità come risorsa vitale.

+Abbiamo parlato di piante e animali, ma manca un ultimo elemento del nostro ecosistema: l’atmosfera.

Vai alla prossima sosta per saperne di più.

Icona musei citazioneQuando rallentiamo il nostro passo e lentamente ci addentriamo nei paesaggi pre-alpini degli altopiani, riusciamo a portare la nostra attenzione alla flora e alla fauna, che convivono alla ricerca di un sempre precario equilibrio, e scopriamo endemismi rari, cioè specie che vivono solo in una regione circoscritta, come la Salamandra di Aurora dell'Altopiano dei Sette Comuni. Ricordando il rapporto secolare tra gli esseri viventi e la Natura, possiamo apprendere la necessità di ricercare e perseguire un equilibrio ecologico quale sfida più importante da ripromettersi.

Alberi e animali con le loro necessità da rispettare

Il Giardino Alpino Dario Broglio di Lusiana Conco è uno scrigno di biodiversità. In questo luogo unico, incastonato sul Monte Corno, a 1.300 metri di altitudine, si possono trovare piante e fiori di diversi habitat montani, dalle zone umide alle praterie alpine. Vieni a scoprire la ricchezza naturalistica della montagna vicentina.

Con gli occhi al cielo
 
Il cielo è ancora un mistero da osservare
Con gli occhi al cielo
+Quanto è nocivo l’inquinamento dell’aria?

Il mondo sopra la nostra testa viene troppo spesso dato per scontato, però se guardiamo verso l’alto, possiamo scoprire un angolo di mondo che saprà stupirci con il suo splendore e la sua complessità. Respiriamo dal momento della nostra nascita fino alla nostra morte. È una necessità costante ed essenziale, non solo per noi ma per tutte le forme di vita presenti sulla Terra. L’inquinamento dell’aria si verifica quando è presente una combinazione delle seguenti sostanze: ozono, biossido di azoto, monossido di carbonio, biossido di zolfo e materiale particolato, e una cattiva qualità dell’aria ha effetti su tutti noi, esseri viventi che la abitiamo. Da oltre 50 anni sono noti i rischi che l’inquinamento atmosferico pone per la salute dell’uomo, ma ad oggi i rapporti e gli studi sulla qualità dell’aria ci dicono che più del 90% della popolazione mondiale è esposto ad aria nociva. Una maggiore presenza di esseri vegetali favorirebbe un equilibrio migliore.

+Cos’è l’inquinamento luminoso?

Anche l’illuminazione artificiale (lampioni, fari degli impianti sportivi, insegne luminose, ecc…) ha un impatto sull’ambiente. Innanzitutto ha trasformato le nostre vite, allungando il tempo disponibile per il lavoro o lo svago, ma ha anche modificato il normale alternarsi di luce e buio, con conseguenze dannose sulla vita nostra e quella di molte altre specie. Interi ecosistemi sono addirittura sconvolti dalla luce artificiale. Infatti tutti gli esseri viventi, inclusi gli umani, si adattano all’alternanza del giorno e della notte scandito dal continuo roteare della Terra rispetto al Sole. Sulla base di questa scansione delle ore, il nostro corpo alterna i momenti in cui siamo svegli e quelli in cui dobbiamo dormire. Questa organizzazione del tempo viene definita ritmo circadiano, che in sostanza è un orologio biologico che scandisce non solo i tempi del sonno, ma anche l’attività cerebrale, la produzione di ormoni, la rigenerazione cellulare e altre attività biologiche. L’illuminazione artificiale ha sovvertito questo “ordine cosmico” causando una serie di disturbi più o meno gravi per ogni specie vivente.

+Sei arrivato alla fine, pronto per un nuovo inizio

Alla fine di questo percorso avrai sicuramente capito che viviamo in un ecosistema complesso e fragile, che è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Sta a noi esseri umani assumere atteggiamenti consapevoli e proteggere il mondo in cui abitiamo.

Il nostro percorso si conclude qui. Però puoi sempre tornare all’inizio per ripercorrere le soste di questo viaggio, anche scegliendo di visitare i musei naturalistici della nostra rete e scoprire nuove, affascinanti informazioni, perché il mondo in cui viviamo è talmente complesso che non si finisce mai di imparare.

 

Icona musei citazioneNella notte, se osserviamo il cielo, lo sguardo vaga verso pianeti e stelle sconosciuti e inesplorati, alla ricerca delle nostre origini e, al tempo stesso, del nostro futuro. Ci accorgiamo che senza il buio non è possibile lasciarci stupire dalla meraviglia che rappresenta la volta celeste. Il silenzio e il buio diventano per noi la fine di questo viaggio e allo stesso tempo un nuovo inizio, poiché l’immensità del cielo notturno continuerà a parlarci e a regalarci un nuovo inizio.

La vita notturna ha bisogno di buio

Da secoli l’umanità è affascinata dal Sole, dalla Luna e dalle stelle, che sono stati di riferimento per orientare le persone nei loro spostamenti, ma hanno anche suggerito molti dei miti, che ogni civiltà antica ha tramandato fino ai giorni nostri. Inoltre il Sole ha un effetto determinante sull’ambiente terrestre, illuminandolo e riscaldandolo. Vieni allora a scoprire il punto di unione tra cielo e terra: il Museo degli Strumenti dell’Astronomia di Asiago.

Sosta 1Rocce, minerali e miniere
Sosta 2Le impronte dei grandi rettili
Sosta 3Gli abitanti degli atolli tropicali
Sosta 4I grandi predatori marini
Sosta 5La forza dell'acqua
Sosta 6Un mondo senza luce
Sosta 7Boschi e pascoli di montagna
Sosta 8La diversità è ricchezza
Sosta 9Con gli occhi al cielo

Progetto a cura di Ivana De Toni, Musei Altovicentino; ideazione di Alessandra Stella.
Ricerche e testi a cura di: Roberto Battiston; Silvia Ceriali; Ivana De Toni; Bernardetta Pallozzi; Walter Ronzani; Carlo Zanin.

Immagini: Collezioni/Musei Altovicentino
Grafica: Studio 375 di Thiene (VI)
Video: Walter Ronzani di Schio (VI)

Con la partecipazione di
Museo Naturalistico Didattico “Patrizio Rigoni” di Asiago
Museo dell’Acqua di Asiago
MUSA – Museo degli Strumenti dell’Astronomia di Asiago
Giardino alpino “Dario Broglio” Monte Corno di Lusiana Conco
Museo Civico “Giuseppe Zannato” di Montecchio Maggiore
Museo Paleontologico del Priaboniano “Renato Gasparella” di Monte di Malo
Museo Geomineralogico e del Caolino di Schio
Museo Speleologia e Carsismo “Alberto Parolini” di Valbrenta
Museo Civico “Domenico Dal Lago” di Valdagno

Con il sostegno di:
Asiago ▪ Lusiana Conco ▪ Malo ▪ Marostica ▪ Monte di Malo ▪ Montecchio Maggiore ▪ Nove ▪ Recoaro Terme ▪ Roana ▪ Rotzo ▪ San Vito di Leguzzano ▪ Santorso ▪ Schio ▪ Tonezza del Cimone ▪ Valbrenta ▪ Valdagno ▪ Valli del Pasubio

Introduzione
Musei Altovicentino è una rete di musei, che si propongono come porte sul territorio e finestre su paesaggi, che svelano storie inaspettate, ricche di nuovi significati, raccolgono tesori naturalistici unici, che appartengono al Vicentino: dagli strati del sottosuolo, come il Priaboniano, ai minerali rari; dalle impronte di antichi rettili e i fossili di animali e piante tropicali, alle specie viventi endemiche, come la salamandra di Aurora o il proteo, e ai grandi alberi, che sono sopravvissuti a inverni lunghi e guerre mondiali.
Per esplorare l’incredibile ricchezza di questo paesaggio ti proponiamo di fare con noi un viaggio nel tempo e nello spazio, un percorso esperienziale, che si articola in 9 tappe suddivise in 3 aree tematiche: le rocce, le acque e la biosfera.
Per ogni tappa troverai un itinerario, che ti consente di immergerti nel contesto naturalistico, e un’attività pratica, su prenotazione, proposta dal museo per fare un’esperienza unica, che ti permetta di conoscere i tesori naturalistici delle Piccole Dolomiti vicentine da protagonista.
SOSTA 1

Rocce, minerali e miniere

Cosa troviamo sotto i nostri piedi
+Che storia si nasconde sotto i nostri piedi?

Quando camminiamo lungo un sentiero, forse senza saperlo, stiamo calpestando la storia. Le rocce che accompagnano il nostro cammino si sono sedimentate nel corso dei millenni e possono avere le origini più diverse. Alcune sono nate con le eruzioni vulcaniche, altre dalla fusione di rocce preesistenti o dalla lenta trasformazione di resti di organismi viventi.
A seconda della loro origine, queste hanno delle caratteristiche che le rendono utili a noi uomini, che sin dall’antichità le abbiamo usate per le nostre attività economiche. Il loro valore è fondamentale per il nostro territorio, sia perché sono il basamento su cui si sono sviluppati stupendi paesaggi naturali come le Dolomiti, sia perché le ritroviamo nelle nostre case, nelle contrade, nei paesi e città come elementi architettonici, arredi o utensili.

+Le rocce invecchiano?

Le rocce del Vicentino hanno diverse età, che variano da circa 300 milioni di anni fino a pochissimi milioni. Perché anche loro invecchiano, seppur più lentamente di noi. Il fatto che siano costantemente esposte agli agenti atmosferici, come il sole, il vento e la pioggia, causa dei processi molto lenti di trasformazione fisici o chimici. Nel caso di trasformazioni fisiche le rocce possono fratturarsi o sgretolarsi, formando frammenti di diverse dimensioni e quindi la loro composizione non cambia né si determina un cambiamento della loro composizione chimica. Invece, quando le acque piovane e i gas, che compongono l’atmosfera, reagiscono con i minerali che formano le rocce, danno vita a nuovi minerali o a dei composti amorfi e in questi casi si tratta di vere e proprie trasformazioni chimiche, in quanto la composizione, che ne risulta, è diversa da quella iniziale.

+Come le comunità sfruttavano ciò che la natura offriva loro?

Fin dal passato più remoto le comunità umane hanno studiato con attenzione il territorio, cercando di trarre il massimo vantaggio dalle risorse che le circondano. L’alto Vicentino ha regalato ai suoi abitanti innumerevoli tesori provenienti dal sottosuolo. Qui infatti il settore minerario ebbe uno sviluppo fiorente nel corso dei secoli. La prima concessione mineraria, ossia il primo permesso di estrarre minerali, risale al 1282, anche se storicamente lo sviluppo dell’industria estrattiva avvenne qualche secolo più tardi. In quell’epoca l’epicentro era la Valle dei Mercanti a Torrebelvicino, dove si estraeva l’argento, un metallo prezioso, che diede lavoro a molte persone. Tuttavia non va mai dimenticato che queste risorse sono limitate e si possono esaurire, come è successo con l’argento. Fortunatamente si scoprì che nell’Altopiano del Tretto di Schio c’erano enormi depositi di caolino, un materiale che poteva essere usato per produrre le pregiate porcellane di Nove. L’attività di queste miniere continuò intensamente fino agli anni Novanta del secolo scorso.

+Le rocce conservano anche tracce dei rettili, che hanno vissuto sulla terra milioni di anni fa. Vuoi saperne di più?

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Il nostro viaggio inizia in un’epoca lontanissima, in cui l’uomo deve ancora comparire e la Terra è completamente diversa da come la conosciamo. Metti in moto l'immaginazione e la fantasia se vuoi partire con noi a cercare le tracce di un antico paesaggio composto da rocce e minerali. Le montagne che conosciamo, stanno per emergere da un oceano tropicale costellato di atolli. È ancora tutto disabitato, ma, se hai pazienza, vedrai che nelle prossime soste questo paesaggio si popolerà di numerosi abitanti.

SOSTA 2

Le impronte dei grandi rettili

Una cartolina di 300 milioni di anni fa
+In passato nel nostro territorio vivevano grandi rettili?

All’alba dei tempi, circa 255 milioni di anni fa, l’area di Recoaro era una vasta pianura alluvionale solcata da fiumi e ricca di laghi. Il clima era caldo e ciò permetteva alla vegetazione di crescere rigogliosa. La flora era composta per lo più da felci, che potevano raggiungere anche i 10 metri, mentre la fauna comprendeva rettili di piccole dimensioni come lucertole o più rari esemplari di Pareiasauri, antichi parenti dei Dinosauri, lunghi fino a tre metri e di una tonnellata di peso, che avevano sulla schiena una crosta che probabilmente serviva loro a regolate la temperatura corporea.

+Come hanno fatto a conservarsi fino ad oggi le loro orme?

Questi grandi rettili avevano l’abitudine di passeggiare in pianura, che all’epoca era particolarmente fangosa, lasciando le loro impronte. In alcuni casi queste sono state ricoperte da strati di fango che col tempo si accumulavano e, asciugandosi velocemente, si trasformavano in strati di roccia. Grazie a questo processo le impronte hanno potuto conservarsi fino ai giorni nostri. Nel Museo Civico Domenico Dal Lago puoi trovare le tracce di questi antichissimi esseri viventi.

+Come mai si sono estinti questi animali?

La maggior parte degli esseri viventi che abitavano la Terra è improvvisamente scomparsa circa 250 milioni di anni fa, quando si estinsero oltre il 95% delle specie marine e del 70% di quelle terrestri. Fu la più grande estinzione di massa mai vista, decisamente più grande di quella del Cretaceo, famosa perché decretò la fine dell’era dei dinosauri. Tra le possibili cause si ipotizza un rapido cambiamento climatico causato probabilmente dall’enorme eruzione di un vulcano che si trovava nell’attuale Russia. Questo evento catastrofico ha causato un massiccio rilascio di CO2 nell’atmosfera che ha portato a incendi diffusi e all’inaridimento del territorio. Nelle zone in cui il mare non era profondo si sono depositati numerose ceneri vulcaniche. La presenza di zolfo, metano e anidride carbonica, derivati dalle eruzioni vulcaniche, cambiò molto l’ambiente rendendolo invivibile per la maggior parte degli esseri viventi. Inoltre le eruzioni causarono un aumento della temperatura media globale di oltre 10 °C, che probabilmente indebolì le correnti oceaniche del pianeta, e rese le acque troppo calde per la maggior parte delle specie marine.

+Che clima c’era nella preistoria? Quali animali e piante vivevano il nostro territorio miloni di anni fa?

scoprilo nella prossima sosta

A partire da 300 milioni di anni fa, si sono formate le rocce e i sedimenti rocciosi, che conservano traccia di antichi cambiamenti climatici. Comincia così una storia popolata da esseri viventi che si sono adattati ai mutamenti ambientali o che oggi sono scomparsi: tra questi i rettili, che lasciarono le loro impronte in alcune zone del Vicentino, divenute poi fossili.

SOSTA 3

Gli abitanti degli atolli tropicali

Quando nel Vicentino c'erano gli atolli e un clima tropicale
+È vero che una volta nell’alto Vicentino c’era un mare tropicale?

A vedere il paesaggio attuale, strade e costruzioni a parte, non ci fa certo pensare a una spiaggia tropicale, ma piuttosto a un paesaggio di montagna anche quando ci troviamo in pianura. Invece, milioni di anni fa, il clima era di tipo tropicale, con temperature sempre piuttosto calde. Al posto di boschi e vallate, c’erano atolli vulcanici, barriere coralline, acque tiepide e popolate da pesci colorati e granchi dalle forme curiose. Ciò era dovuto alla diversa posizione delle placche tettoniche, che, come sostiene la teoria tettonica, sono delle porzioni di crosta terrestre in grado di muoversi, per cui queste terre si trovavano più a sud. Altro fattore concomitante fu probabilmente l’intensa attività vulcanica, tipica di quel periodo, che immetteva nell’atmosfera grandi quantità di CO2, generando un potente effetto serra.

+Che piante e animali vivevano sulle coste del mare tropicale?

Tra i 20 e i 40 milioni di anni fa, quello che oggi è l’alto Vicentino si trovava sulle coste di un antico mare chiamato Tetide. Sebbene la linea di costa venisse periodicamente sommersa, per poi riemergere in epoche successive, l’ambiente generale era quello di una laguna tropicale, con fondali bassi e piccoli isolotti vulcanici. In questa antica laguna nuotavano pesci, coccodrilli, tartarughe e molte specie ormai estinte. In cielo volavano uccelli marini, eredi dei grandi rettili del Mosozoico, mentre i bassi fondali ospitavano piccoli crostacei e altri invertebrati, oggi sostituiti dagli insetti, che vivono nelle terre emerse. Le palme che crescevano sugli atolli hanno lasciato posto ai boschi di carpino e faggio, piante autoctone tra cui recentemente sono comparse anche piante più esotiche, importate dall’uomo da aree temperate, come la robinia nordamericana, se non addirittura tropicali, come il gelso della carta del Sud Est Asiatico.

+Come siamo arrivati al clima attuale?

Dopo le ere glaciali, il clima dell’alto Vicentino si è raffreddato e si sono così create le condizioni in cui viviamo oggi. Tuttavia non dobbiamo pensare che le condizioni attuali rimarranno immutabili per sempre. Il clima sta ancora subendo delle trasformazioni e si sta assistendo ad una nuova tropicalizzazione del Mediterraneo, con un cambiamento climatico molto rapido e improvviso, non più causato dai vulcani, ma dalle attività umane inquinanti, che hanno innescato il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale, che sta mettendo in pericolo la vita di molte specie animali e vegetali. Per proteggere i tesori, che la natura ci ha donato, ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte per contenere le emissioni di gas serra e adottare degli stili di vita più sostenibili.

+Ma chi abitava questi atolli tropicali?

Vai alla prossima sosta per scoprirlo.

Probabilmente resterai incredulo nel sapere che, dove ora ci sono valli e boschi, c’era un atollo con palmeti e calde acque, in cui vivevano gamberetti, aragoste, “canocchie di mare”, molluschi giganti e mammiferi acquatici. Eppure 50 milioni di anni fa moltissimi granchi dalle forme e dimensioni le più diverse abitavano i mari di quella che oggi è la terra vicentina. Questi esseri viventi, assieme ad altri animali marini, si sono adattati agli svariati ambienti allora presenti dalle barriere coralline ai fondali marini sabbiosi o rocciosi.

SOSTA 4

I grandi predatori marini

I denti dello squalo gigante che nuotava dove ora ci sono delle colline
+Che animali abitavano il mare tropicale che si estendeva sul Vicentino nella Preistoria?

40 milioni di anni fa l’alto Vicentino era ricoperto da un mare che gli studiosi hanno chiamato Tetide. Questo mare era abitato da molluschi, echinidi (ricci di mare), crostacei ma anche da grandi predatori come lo squalo Otodus sokolovi, che poteva raggiungere una lunghezza di 10 metri. Lui era uno dei più grandi predatori della sua epoca e oggi se ne può vedere un modello a grandezza naturale all’interno del Museo Paleontologico del Priaboniano, dove sono conservati anche dei denti fossili di questa enorme creatura, rinvenuti nella zona.

+Studiare le rocce può diventare un lavoro?

Tutte le scoperte e le conoscenze che abbiamo di quello che è successo sulla Terra milioni di anni fa, lo dobbiamo a chi dedica o ha dedicato la sua vita allo studio delle rocce. Per la precisione chi studia i fossili è detto paleontologo, dal greco paleos che vuol dire antico, per cui il paleontologo o la paleontologa è la persona che studia le cose antiche. Si occupa della ricerca, dell’analisi di resti pietrificati per ricostruire e descrivere ciò che è accaduto nel passato, cercando di individuare le cause. Questa è un’attività che richiede molta pazienza, e a volte anche fatica, ma, grazie ai dati raccolti, chi studia può ricostruire la storia più antica di un territorio e la sua evoluzione, così da comprendere anche alcuni fenomeni che accadono ai giorni nostri.

+Scopri nella prossima sosta l’importanza che da sempre l’acqua ha per il territorio.

Quando ormai i dinosauri si sono estinti, sulla Terra inizia il dominio di mammiferi e uccelli. Nei mari si diffondono grandi squali, molluschi, alghe e compaiono i primi cetacei. Siamo nel Priaboniano, un periodo che va dai 34 ai 37 milioni di anni fa, che deve il suo nome ad uno strato geologico individuato per la prima volta proprio a Priabona di Monte di Malo. Esattamente a quest'epoca risalgono i tre denti fossili, grandi come una mano umana, appartenuti ad uno squalo gigante, che nuotava in queste acque trovati a Priabona.

SOSTA 5

La forza dell'acqua

Le grotte prodotte dall'erosione delle acque
+L’Altopiano dei Sette Comuni è un territorio carsico. Cosa vuol dire?

Il problema dell’acqua è una questione vitale in molte parti del pianeta e un tema di attualità che nell’Altopiano dei Sette Comuni ha una lunga storia, perché questo è un tipico territorio carsico che, a causa della composizione delle rocce, fatica a trattenere in superficie l’acqua piovana. In un ambiente del genere, è difficile che si formino naturalmente delle pozze o dei laghi, perché l’acqua scorre veloce verso le viscere della Terra.
L’Altopiano dei Sette Comuni poggia su rocce fatte per lo più di carbonato di calcio, un minerale idrosolubile che, in certe condizioni naturali, può essere sciolto o eroso dall’acqua nell’arco di decine, centinaia o migliaia di anni. Quando questa roccia calcarea si combina con l’acqua e l’anidride carbonica si avvia un processo chimico che permette all’acqua piovana di scavare a poco a poco la roccia e penetrare in profondità, lasciando a secco la superficie, così che chi ci abita deve individuare delle soluzioni ingegnose per il recupero delle acque.

+È difficile gestire l’acqua in un ambiente carsico?

Gestire l’acqua in un ambiente carsico, come quello dell’Altopiano dei Sette Comuni, significa apprezzarne il valore come bene fondamentale. Oggi abbiamo la tecnologia che ci consente di riportare l’acqua che scorre nel sottosuolo fino al fondovalle di nuovo in quota e alimentare l’acquedotto di questi paesi montani. Questo non significa che sia una cosa semplice: pompare migliaia di metri cubi di acqua per risalire un dislivello di quasi mille metri, richiede energia e risorse notevoli da non sprecare. La memoria del passato, la vita nelle malghe tra cisterne e sistemi di raccolta dell’acqua piovana e, in generale, una gestione sostenibile dell’ambiente, in cui oggi viviamo, sono temi di discussione di grandissima importanza, che è trattato approfonditamente proprio dal Museo dell’Acqua di Asiago.

+Dove va a finire l’acqua che penetra nel sottosuolo?

Quando l’acqua penetra nel sottosuolo scava dei percorsi lunghissimi, erodendo e sciogliendo le rocce, formando grotte e dando origine a fenditure per giungere fino alla pianura e al mare. In alcuni punti di questo percorso si formano anche dei veri e propri laghi sotterrai dove l’acqua si accumula, alimentando temporaneamente piccole sorgenti lungo i pendii e nei fondivalle. Questi bacini sommersi sono una delle fonti d’acqua più delicate e preziose di cui disponiamo, un vero tesoro da proteggere e studiare in un’epoca in cui un clima sempre più secco e tropicale, con piogge concentrate in pochi periodi, sta mettendo a dura prova le nostre riserve idriche.

+ L’acqua è un’importante fonte di vita.

Approfondisci questo tema nella prossima sosta.

La maggioranza delle grotte carsiche delle nostre zone si è sviluppata nell'arco di alcune migliaia o persino milioni di anni, in seguito a processi di soluzione chimica delle rocce, cioè si sono sciolte. Il fenomeno ha interessato soprattutto calcari e dolomie, che si sono formate milioni di anni prima per sedimentazione sul fondo del mare e che poi sono state sollevate formando le montagne dell'arco prealpino vicentino. Questo processo di corrosione dà vita nel corso dei millenni a quello che è considerato il secondo massiccio carsico d’Europa: l'Altopiano dei Sette Comuni, così ricco di cavità, ma così scarso di acqua.

SOSTA 6

Un mondo senza luce

Il proteo vive in pochissimi habitat
+C’è vita nel sottosuolo?

Il nostro territorio cela un mondo sotterraneo tutto da scoprire, attraversato da acque dall’origine misteriosa e abitato da animali fantastici. Uno dei protagonisti della vita sotterranea è il proteo, un essere vivente dall’origine misteriosa: un anfibio completamente adattato alla vita nelle caverne, quasi completamente cieco e dall’aspetto privo di colore. Dal punto di vista biologico ha anche un’altra caratteristica particolare: il suo corpo ha uno sviluppo incompleto e mantiene anche in età adulta un aspetto “larvale” e dei caratteri giovanili, come le branchie. Sappiamo che i protei sono comparsi qualche decina di milioni di anni fa, ma si sono così profondamente adattati all’ambiente cavernicolo, da legare ad esso il loro destino. La loro sopravvivenza dipende da quella degli ambienti carsici e delle loro acque. Ciò li rende degli ottimi bioindicatori dello stato di salute dell’ecosistema, cioè un organismo utile a valutare le modificazioni della qualità di un ambiente.

+Quali animali riescono a vivere nelle caverne?

Un ecosistema cavernicolo è un luogo estremo per le forme viventi, privo di luce e periodicamente inondato dall’acqua, con un tasso di umidità altissimo e profondità spesso vertiginose, che può prendere la forma di grotte enormi o pertugi strettissimi. La vita, che ha colonizzato questi ambienti, formata dai piccoli invertebrati troglobi ai grandi orsi delle caverne fino agli uomini preistorici, si è evoluta adattandosi a queste condizioni estreme, abitando questi luoghi come rifugi preziosi quanto spietati. Ancora oggi le caverne rappresentano un ambiente poco conosciuto, inesplorato e ricco di misteri ancora da scoprire, luoghi ideali tra l’altro per ambientare miti e leggende.

+Si può esplorare il sottosuolo?

Il sottosuolo rimane ancora un frontiera inesplorata, accessibile a pochi, audaci avventurieri. Un mondo magico e strabiliante pieno di meraviglie che tuttavia si possono scoprire con la giusta preparazione. Se si decide di esplorare di persona il sottosuolo, meglio insomma essere speleologi, cioè persone che si avventurano nel ventre della Terra, attraversando le grotte e le caverne sotterranee. Per diventarlo bisogna allenarsi duramente. Questa disciplina infatti richiede molte competenze, che spaziano dalle tecniche dell’arrampicata fino al nuoto subacqueo in cavità sommerse. Queste conoscenze fondamentali si possono imparare attraverso corsi specializzati e allenamenti specifici. Un volta diventati speleologi, si avrà accesso ad un mondo nuovo, tutto da scoprire e visitare per la prima volta. Per tutti gli altri però è possibile avvicinarsi a questo universo entrando al Museo della Speleologia e del Carsismo.

+Dopo questa immersione, torna alla luce del sole per esplorare i boschi e i prati prealpini

Vai alla prossima sosta.

Le grotte sono da sempre dei luoghi magici, in cui sono state ambientate storie straordinarie. Nelle favole custodiscono tane di draghi e favolose creature, covi di pirati oppure misteriose vie per raggiungere gli inferi. Nella realtà sono state luoghi di riparo e abitazione per gli uomini primitivi, i viandanti e i pastori fino ai giorni nostri. Entrare in una grotta significa entrare nelle viscere della Terra e andare a ritroso nel tempo, alla scoperta di tutto ciò che vi è custodito, proprio come si trattasse di un tesoro dei pirati!

SOSTA 7

Boschi e pascoli di montagna

Animali e piante che popolano il paesaggio della montagna
+Come sono nate le nostre montagne?

Le montagne che coronano a nord il territorio vicentino sono il frutto dei movimenti delle placche terrestri, ovvero i blocchi sotterranei in cui è suddivisa la crosta terreste. Questi blocchi sono in perenne movimento e quando si scontrano generano dei sollevamenti di terreno che portano alla nascita di enormi accumuli di roccia, ovvero le montagne. Le rocce cominciarono a piegarsi e ad avanzare formando pieghe e falde che si sovrappongono le une alle altre, proprio come avverrebbe se spingessimo, l’una verso l’altra, le due estremità di un tappeto. Questa è la cosiddetta Orogenesi.
Da uno di questi scontri sotterranei tra la placca europea e quella africana, avvenuto milioni di anni fa, si è creato un sollevamento tettonico che ha portato alla formazione di uno dei più affascinanti complessi montuosi: la catena Alpino-Himalayana, che si espande dall’Europa all’Asia. Questo sollevamento è iniziato a partire da 50 milioni di anni fa ed è tutt’ora in atto, anche se non ce ne accorgiamo.
Le Alpi sono quindi il risultato della collisione tra placche: quella africana si è spostata verso Nord ed è andata a occupare le quote più elevate, mentre la placca europea si è incuneata sotto a quella africana. La forma delle montagne invece è l’esito di un’erosione che dura da milioni di anni e di altri eventi geologici, che hanno modellato la loro morfologia come noi la possiamo vedere ai nostri giorni.

+Che tipi di habitat si possono trovare nelle Prealpi vicentine?

Nella fascia pedemontana, che collega la pianura alla montagna, troviamo oggi una varietà di habitat che sono l’esito di una millenaria interazione tra uomo e natura. Se fino al Medioevo l’ambiente prealpino era caratterizzato da folte selve e praterie d’alta quota, con il passare dei secoli e l’intensificarsi della presenza umana, si è assistito alla creazione di un mosaico di ecosistemi per lo più plasmati dall’uomo per le sue esigenze a partire dall’agricoltura, l’allevamento, l’industria e la selvicoltura, ovvero la creazione e gestione dei boschi per ricavarne il legname.
Quindi anche i boschi, che ci appaiono come luoghi incontaminati, in realtà sono concepiti dall’uomo per sfruttare le risorse naturali. Altri ambienti semi-naturali presenti sul territorio sono i prati dedicati al pascolo con pozze d’alpeggio a servizio delle malghe e delle produzioni casearie.
Passeggiando per questi ambienti montani si può provare a fare un tuffo nel passato per capire l’evoluzione che ha segnato il paesaggio. Ma anche per immaginare un futuro, nel quale la presenza umana potrà essere più discreta e meno invasiva, sapendo che gli habitat, in cui viviamo, sono l’esito delle trasformazioni fatte da chi ci ha preceduto.

+Ti piacerebbe scoprire la biodiversità del nostro territorio?

Vai alla prossima sosta  per approfondire questo mondo fantastico.

Alla fine del Quaternario, cioè 10.000 anni fa, le montagne emerse e il territorio vicentino con le valli e gli altopiani sono già plasmati dai ghiacci, che ora cominciano a ritirarsi lasciando spazio a boschi e foreste, disegnando un paesaggio in parte simile a quello che conosciamo oggi. In realtà l'ambiente pre-alpino, che ci appare affascinante e vario, è frutto dell'intervento dell'uomo, che lo ha plasmato con il suo lavoro creando paesaggi montani sempre più in contrasto con la natura: l'Altopiano dei Sette Comuni, l'Altopiano delle Montagnole, l'Altopiano Faedo-Carson e l'Altopiano dei Tretti.

SOSTA 8

La diversità è ricchezza

Tutti insieme appassionatamente
+Che cos’è la biodiversità?

Camminare con curiosità e attenzione in mezzo alla natura è il miglior modo per cogliere la biodiversità e iniziare a studiarla. Questo termine fa riferimento alle varietà di specie animali e vegetali che abitano il nostro pianeta. Come abbiamo raccontato nelle soste precedenti, le specie attuali si sono evolute e trasformate nel corso di milioni di anni.
Gli organismi viventi interagiscono in ecosistemi dinamici, avendo un impatto positivo nell’ambiente in cui viviamo. Prendiamo ad esempio un piccolo insetto come l’ape, che è fondamentale per l’ecosistema perché svolge un prezioso lavoro di impollinazione: volando da un fiore ad un altro in cerca di cibo, trattiene con le sue zampe i pollini e li porta a fecondare altre piante, permettendo così la riproduzione delle piante che ci forniscono cibo e altre risorse fondamentali, come il legno.

+Perché le api sono così importanti per il nostro ambiente?

Si stima che le api domestiche e selvatiche siano responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscano circa il 35% della produzione globale di cibo. Gli insetti impollinatori svolgono in natura un ruolo vitale come servizio di regolazione dell’ecosistema. La protezione di questi insetti, in particolare api e farfalle, è quindi di fondamentale rilevanza per l’intero pianeta. La biodiversità infatti è una risorsa fondamentale per la nostra sopravvivenza, perché ci assicura aria pulita, acqua potabile, terreni di buona qualità e l’impollinazione delle coltivazioni. La scomparsa, anche solo di una specie, può avere un impatto di vasta portata sulla catena alimentare. Pensiamo a cosa potrebbe succedere se scomparissero le api…

+La biodiversità è in pericolo?

Purtroppo negli ultimi decenni molte specie stanno scomparendo a un ritmo allarmante, principalmente a causa di attività umane come la cementificazione del suolo, l’inquinamento di terra, aria e acque, e il riscaldamento globale. Non possiamo conoscere di preciso quali saranno gli scenari se non arrestiamo questo processo, ma sappiamo che è la convivenza di diverse forme viventi ad assicurarci l’esistenza e la prosperità, per cui dobbiamo favorire con ogni mezzo la conservazione della biodiversità come risorsa vitale.

+Abbiamo parlato di piante e animali, ma manca un ultimo elemento del nostro ecosistema: l’atmosfera.

Vai alla prossima sosta per saperne di più.

Quando rallentiamo il nostro passo e lentamente ci addentriamo nei paesaggi pre-alpini degli altopiani, riusciamo a portare la nostra attenzione alla flora e alla fauna, che convivono alla ricerca di un sempre precario equilibrio, e scopriamo endemismi rari, cioè specie che vivono solo in una regione circoscritta, come la Salamandra di Aurora dell'Altopiano dei Sette Comuni. Ricordando il rapporto secolare tra gli esseri viventi e la Natura, possiamo apprendere la necessità di ricercare e perseguire un equilibrio ecologico quale sfida più importante da ripromettersi.

SOSTA 9

Con gli occhi al cielo

Il cielo è ancora un mistero da osservare
+Quanto è nocivo l’inquinamento dell’aria?

Il mondo sopra la nostra testa viene troppo spesso dato per scontato, però se guardiamo verso l’alto, possiamo scoprire un angolo di mondo che saprà stupirci con il suo splendore e la sua complessità. Respiriamo dal momento della nostra nascita fino alla nostra morte. È una necessità costante ed essenziale, non solo per noi ma per tutte le forme di vita presenti sulla Terra. L’inquinamento dell’aria si verifica quando è presente una combinazione delle seguenti sostanze: ozono, biossido di azoto, monossido di carbonio, biossido di zolfo e materiale particolato, e una cattiva qualità dell’aria ha effetti su tutti noi, esseri viventi che la abitiamo. Da oltre 50 anni sono noti i rischi che l’inquinamento atmosferico pone per la salute dell’uomo, ma ad oggi i rapporti e gli studi sulla qualità dell’aria ci dicono che più del 90% della popolazione mondiale è esposto ad aria nociva. Una maggiore presenza di esseri vegetali favorirebbe un equilibrio migliore.

+Cos’è l’inquinamento luminoso?

Anche l’illuminazione artificiale (lampioni, fari degli impianti sportivi, insegne luminose, ecc…) ha un impatto sull’ambiente. Innanzitutto ha trasformato le nostre vite, allungando il tempo disponibile per il lavoro o lo svago, ma ha anche modificato il normale alternarsi di luce e buio, con conseguenze dannose sulla vita nostra e quella di molte altre specie. Interi ecosistemi sono addirittura sconvolti dalla luce artificiale. Infatti tutti gli esseri viventi, inclusi gli umani, si adattano all’alternanza del giorno e della notte scandito dal continuo roteare della Terra rispetto al Sole. Sulla base di questa scansione delle ore, il nostro corpo alterna i momenti in cui siamo svegli e quelli in cui dobbiamo dormire. Questa organizzazione del tempo viene definita ritmo circadiano, che in sostanza è un orologio biologico che scandisce non solo i tempi del sonno, ma anche l’attività cerebrale, la produzione di ormoni, la rigenerazione cellulare e altre attività biologiche. L’illuminazione artificiale ha sovvertito questo “ordine cosmico” causando una serie di disturbi più o meno gravi per ogni specie vivente.

+Sei arrivato alla fine, pronto per un nuovo inizio

Alla fine di questo percorso avrai sicuramente capito che viviamo in un ecosistema complesso e fragile, che è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Sta a noi esseri umani assumere atteggiamenti consapevoli e proteggere il mondo in cui abitiamo.

Il nostro percorso si conclude qui. Però puoi sempre tornare all’inizio per ripercorrere le soste di questo viaggio, anche scegliendo di visitare i musei naturalistici della nostra rete e scoprire nuove, affascinanti informazioni, perché il mondo in cui viviamo è talmente complesso che non si finisce mai di imparare.

 

Nella notte, se osserviamo il cielo, lo sguardo vaga verso pianeti e stelle sconosciuti e inesplorati, alla ricerca delle nostre origini e, al tempo stesso, del nostro futuro. Ci accorgiamo che senza il buio non è possibile lasciarci stupire dalla meraviglia che rappresenta la volta celeste. Il silenzio e il buio diventano per noi la fine di questo viaggio e allo stesso tempo un nuovo inizio, poiché l’immensità del cielo notturno continuerà a parlarci e a regalarci un nuovo inizio.

Riepilogo

Sosta 1Rocce, minerali e miniere
Sosta 2Le impronte dei grandi rettili
Sosta 3Gli abitanti degli atolli tropicali
Sosta 4I grandi predatori marini
Sosta 5La forza dell'acqua
Sosta 6Un mondo senza luce
Sosta 7Boschi e pascoli di montagna
Sosta 8La diversità è ricchezza
Sosta 9Con gli occhi al cielo