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Sala espositiva “Tito Caporali”

Schio
Nelle vecchie scuderie dell’ex caserma Cella, è allestita una sala espositiva intitolata a “Tito Caporali” Capitano degli alpini, pluridecorato e caduto sul monte Novegno nel giugno del ‘16, l’anno della Strafexpedition, ovvero la spedizione punitiva mossa dall’esercito austroungarico. I reperti e i documenti esposti portano l’attenzione su una linea del fronte meno celebrata, ma non meno importante, riscoprendo quindi una pagina di storia che ha come protagonista il monte Novegno che ricade nel territorio di Schio.
La visita
La collezione è il risultato della ricerca sul campo compiuto dai soci dell’Associazione 4 Novembre, che continuano ad arricchire quanto esposto di nuovi oggetti e documenti. La visita a questa raccolta è da considerarsi propedeutica alla visita al monte Novegno, dove è ancora visibile e ben conservato il sistema di difesa e le tracce dell’occupazione a cura degli eserciti.
La storia
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L’associazione IV Novembre è sorta attorno al 1987 per merito di un gruppo di appassionati, cultori e ricercatori di memorie storiche.

Fin da subito, però, l’attenzione principale è stata rivolta al “monte di casa”: il Monte Novegno.
Su questa montagna che domina Schio e la Val Leogra non si combatté a lungo, ma nei giorni 12 e 13 giugno 1916 si vissero avvenimenti decisivi per l’esito della grande offensiva imperiale, meglio nota come “Strafexpedition”.
L’offensiva austro-ungarica, iniziata il 15 maggio, si esaurì il 2 luglio quando fu definitivamente bloccata sul Pasubio. Ma se non fosse stato per l’eroismo dei soldati italiani sul Novegno (il Letzer Berg – l’ultimo monte – considerato dagli avversari di allora il punto più debole e più facile da superare) il discorso avrebbe preso tutt’altra piega.
Nella storiografia, però, un posto di preminenza è riservato al Pasubio, riservando al Novegno solo scarsa considerazione, quasi un immeritato oblio.

L’Associazione ha eletto il Monte Novegno, ed il forte Rivon in particolare, come propria sede simbolica e ripropone spesso, con la presenza di rievocatori in divisa d’epoca, situazioni e di momenti di vita di trincea che ben rendono l’idea della tragedia della grande Guerra senza celebrazioni e retorica di genere.
Tanto più che oggi i manufatti, le trincee e le gallerie sono state recuperate e rese visitabili in virtù della legge 78 e vengono mantenute visitabili dai soci con interventi di pulizia annuali.

La sommità del monte è attualmente oggetto di visite, guidate e non, da parte di appassionati e di tutti coloro che visitando questi luoghi contribuiscono a realizzare un consistente flusso di turismo culturale. Visitatori, cioè, che hanno scelto come loro obiettivi prevalenti la ricerca e la conoscenza dei luoghi teatro degli eventi bellici del Primo conflitto mondiale.
Ma le considerazioni da fare non sono solo queste. Anche l’ambiente naturale e la sua conservazione, i panorami che si godono dalle sommità, spaziando dalle lagune venete fino ai più lontani Appennini, la ricchezza e la varietà di flora e fauna, sono elementi che contraddistinguono l’attività divulgativa. Si promuovono infatti numerose attività come le ricerche sul campo, l’accompagnamento di gruppi di appassionati, di studiosi, di scuole, la cura e pubblicazione di volumi storico fotografici, l’organizzazione di esposizioni, mostre, convegni, concerti, conferenze.

La sede dell’Associazione è nella ex caserma Cella in via Rovereto 21/a a Schio; acquisita dal Comune, dopo i lavori di ristrutturazione, è stata assegnata al sodalizio.
Qui, nelle vecchie scuderie, è stata allestita la sala espositiva intitolata a “Tito Caporali” Capitano degli alpini, pluridecorato e caduto sul monte Novegno nel giugno del 16. Sono conservati documenti e reperti opportunamente catalogati ed è visitabile nei sabati e su appuntamento.

Le mostre che l’associazione prepara nell’arco dell’anno sono in media quattro e trattano ciascuna argomenti specifici. La nostra sezione espositiva, che ha conosciuto nel corso degli ultimi anni uno sviluppo e una trasformazione notevole anche grazie a tutti i soci collezionisti che mettono a disposizione i loro reperti, si propone non solo e non tanto come luogo di conservazione ed esposizione di oggetti appartenenti al passato, ma sempre più come promozione di studi e ricerche e come elemento culturale per un uso sociale, didattico e divulgativo, sia verso gli addetti a i lavori che verso studenti o semplici visitatori.

Sabato : dalle 15.30 alle 18.00 escluso i mesi di agosto e dicembre.

anche su appuntamento

Ingresso gratuito.

È possibile l’accesso ai diversamenti abili.
Mail: segreteria@4novembre.it
Sito web: www.4novembre.it
come raggiungerci
Telefono da campo
Durante la Prima Guerra Mondiale, i telefoni da campo divennero uno strumento essenziale per le comunicazioni militari. Questi dispositivi permettevano ai comandanti di trasmettere ordini e informazioni tra le trincee e le retrovie, migliorando notevolmente il coordinamento delle operazioni. Uno dei modelli più noti utilizzati dall’esercito italiano era il telefono da campo “tipo Anzalone”, progettato dal capitano del Genio militare Gaetano Anzalone. Questo telefono era contenuto in una cassetta di legno con una manovella per generare l’energia necessaria alla chiamata. I collegamenti avvenivano tramite cavi aerei, spesso appoggiati su alberi o pali, ma queste linee erano fragili e facilmente sabotabili. I telefoni da campo operavano su linee di filo e, quando possibile, utilizzavano circuiti civili.
Contenitori in vetro per medicinali
Durante la Prima Guerra Mondiale, i contenitori in vetro per le medicine erano essenziali per la conservazione e il trasporto di vari farmaci. Questi contenitori erano spesso utilizzati per soluzioni liquide, come tinture, sciroppi e soluzioni antisettiche, che erano cruciali per il trattamento delle ferite e delle infezioni. I flaconi in vetro erano preferiti per la loro capacità di mantenere l’integrità chimica dei contenuti, proteggendoli dalla contaminazione e dalla degradazione.
Stoviglie per il rancio del soldato
Le stoviglie utilizzate per il rancio includevano marmitte coibentate, capaci di mantenere il cibo caldo per oltre 24 ore. I soldati ricevevano anche scatolette di cibo conservato, come carne, burro, alici e funghi, spesso decorate con motti patriottici.
Borraccia in legno
Durante la Prima Guerra Mondiale, le borracce in legno erano un elemento essenziale dell’equipaggiamento dei soldati italiani. Queste borracce, conosciute come “Guglielminetti”, prendevano il nome dal loro inventore, Pietro Guglielminetti. Erano realizzate principalmente in legno di pioppo o salice e avevano una capacità di circa un litro. Le borracce in legno erano apprezzate per la loro leggerezza e il costo contenuto, ma presentavano anche alcuni svantaggi, come la fragilità e la tendenza a deteriorarsi con l’uso prolungato. Oltre alla facile contaminazione da batteri. Nonostante questi problemi, rimasero in uso fino a quando non furono gradualmente sostituite da modelli in metallo, più resistenti e pratici.
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