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La produzione di laterizi

Sulle tracce della Serenissima nel Vicentino

Alla base della stele con i campioni di misura troviamo i profili di un quarelo, ossia di un mattone, e di un coppo. Nel testo dall’Abate de Rossi si spiega che queste misure fanno riferimento al prodotto “crudo”, prima della cottura, e si definiscono i quareli e i coppi come “pezzi di creta cotta che servono alle fabbriche” e si precisa anche che “la grossezza del coppo cotto non si può determinare a cagione delle varie specie di creta, che si restringono nel cuocersi. Lo stesso dicasi del Quarelo, della Tavela, e di ogn’altra specie di creata cotta. Che si vende a misura”.

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Andrea Palladio nel primo dei suoi “I quattro libri de l’architettura” descrive la tecnica di produzione:
Le pietre, che si fanno da gli uomini, volgarmente per la loro forma si chiamano quadrelli: queste deono farsi di terra cretosa bianchiccia e domabile; si lascierà del tutto la terra ghiarosa e sabbioniccia. Si caverà la terra nell’autunno, e si macererà nel verno e si formeranno poi i quadrelli commodamente la primavera. Ma se la necessità strignesse a formagli il verno o la estate; si copriranno il verno di secca arena e l’estate di paglia. Formati deonsi seccare per molto tempo, e è meglio seccargli all’ombra, accioché non solamente nella superficie, ma anche nele parti di mezo, siano egualmente secchi: il che non si fa in meno di due anni. Si fanno e maggiori, e minori secondo la qualità degli Edificij da farsi, e secondo che di loro ci vogliamo servire; onde gli antichi fecero i mattoni de i publici e grandi edificij molto maggiori de i piccoli e pivati; Quelli che alquanto grossi si fanno, si deono forare in più luoghi, acciò che meglio si secchino, e cuociano.”

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Questi metodi restano praticamente in uso fino al XIX secolo e grazie all’uso dei laterizi il Palladio riesce a realizzare edifici complessi a costi più contenuti per la committenza locale, risolvendo l’aspetto estetico con l’impiego dell’intonaco. Anche il Palladio usava quel particolare tipo di intonaco, chiamato stucco o terrazzetto, e ora pi noto come marmorino, che prevedeva l’impiego di un impasto di polvere di marmo, o pietre del territorio, per poi essere rifinito con uno strato di olio di lino o cera a imitazione della permeabilità del marmo. Questo tipo di finitura è nota anche come marmorino alla veneziana, perché particolarmente diffuso nella città lagunare dove la rifinitura con olio o cera consentiva una maggiore protezione dei muri dagli agenti esterni. Tra gli elementi più emblematici delle costruzioni palladiane sono le colonne realizzate con i mattoni curvilinee e non più parallelepipedi. Un esempio di questa pratica sono proprio le colonne del Palazzo Corielli, che fu realizzato molti anni dopo, dove oggi trova sede il Museo dell’arte serica e laterizia.