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Il cappello più grande del mondo

Sulle tracce della Serenissima nel Vicentino
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La lavorazione della paglia, che interessava le colline sulle quali cresceva il prezioso frumento, coinvolse lentamente la pianura e in particolare Marostica, con il suo mercato settimanale, quale centro di commercio e scambio per i paesi limitrofi. Proprio a Marostica si svilupparono nell’Ottocento importanti industrie di manufatti di paglia, che si approvvigionavano delle trecce realizzate a domicilio dei paesi di collina.
Nel 1910 alla Fiera Internazionale di Bruxelles la ditta Filippo Beltrame di Marostica porta una pajetta alta circa un metro e con un diametro di tre metri: un cappello da Guinness dei primati sia nelle dimensioni che nei numeri della produzione. Infatti, per circa trent’anni questo tipo di cappello a forma ovale e a corona piatta è considerato un must per la moda maschile. Nella prima metà del ‘900 tanto le guerre quanto le restrizioni dall’autarchia, come conseguenza all’occupazione dell’Etiopia, aggravarono lo stato dell’industria della paglia, che subì negli anni successivi la forte concorrenza dei prodotti cinesi e orientali in generale.
Una ripresa ci fu al termine del secondo conflitto mondiale con la riapertura del mercato verso gli Stati Uniti dove venne molto richiesto il cappello tipo fantino, caratterizzato da una calottina con visiera, la lavorazione yeddo.

Abiti assieme

La capacità di creare modelli con forme e finiture diverse per rinforzare e attrarre nuovi mercati, non riguardava solo i cappelli ma anche le borse prodotte con calzature coordinate, cestini e bomboniere, cornici, mobili, così come coprisedili per auto e coprisella per le motociclette.
Recentemente lo stilista Fabio Zingaro ha creato dei modelli di abiti-scultura di alta moda con inserti di paglia, esposti ora all’Ecomuseo della Paglia di Crosara.

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