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Alessandro Rossi e il progetto di Città giardino

Sulle tracce della Serenissima nel Vicentino

Lo sviluppo urbanistico di Schio è stato influenzato dalla presenza delle fabbriche, che si sono sviluppate lungo il percorso della Roggia Maestra, che ancora affiora in qualche punto della città e che scorre quasi parallela a via Pasubio, un tempo nota come Contrà Sareo.
Proprio su questa via si affaccia la Fabbrica Francesco Rossi, sorta nel 1817. L’edificio, assieme alla adiacente Fabbrica Alta in mattoni, rappresenta il cuore della trasformazione industriale, avviata dal figlio Alessandro Rossi che, dopo la morte del padre, ne prese la direzione nel 1849. La formazione di Alessandro cominciò dapprima in fabbrica accanto a suoi operai e poi con viaggi all’estero nelle città dove le industrie laniere erano all’avanguardia e i commerci fiorenti, durante i quali apprese le principali innovazioni da introdurre poi nell’industria di famiglia.
Su suo invito arrivarono a Schio numerosi tecnici stranieri per diffondere un nuovo saper fare tra gli operai delle sue industrie. Persino per il progetto della nuova fabbrica si affidò all’architetto belga Auguste Vivroux, autore di quella che ancora tutti conoscono come Fabbrica Alta, icona della industrializzazione scledense, che riprende i modelli architettonici degli edifici industriali dei paesi nordici, costruendo poi attorno ad essa un’intera città. Quello che Alessandro Rossi fece non riguardò esclusivamente il modello di gestione della fabbrica, adottando il meglio di quanto aveva potuto vedere in Inghilterra e in Belgio, ma i suoi interventi mirarono anche a organizzare la vita dei propri operai, predisponendo accanto ai luoghi di lavoro una serie di servizi e prevendendo la realizzazione di un intero quartiere.

Antonio CAREGARO NEGRIN. Giardino Jacquard acquerello. 470×600. Ph Giuseppe Santamaria dettaglio
6539 CAR NEGRIN. Giardino Jacquard 470×600 dettaglio

Il Quartiere Operaio o Nuova Schio progettato dall’architetto Antonio Caregaro Negrin, si ispira ai modelli utopici di “città giardino”, dove le abitazioni sono inserite in un contesto naturale, evocato dal giardino. Il progetto iniziale prevedeva una maggior attenzione all’aspetto naturalistico, leggibile anche nelle forme curvilinee con cui tracciò le strade, disegnate con andamenti simili a tralci di piante rampicanti. Per rispondere però al bisogno di dare casa a un numero di dipendenti sempre crescente, il progetto fu modificato e alla fine le strade furono realizzate su rettilinei per sfruttare al meglio i 152.000 metri quadrati destinati al nuovo quartiere.
Le architetture delle abitazioni erano differenziate in base al livello di qualifica di chi le abitava, non lasciando dubbi a quali fossero le case per dirigenti, lungo le vie più importanti, quelle degli impiegati e quelle degli operai, tutte comunque dotate di servizi igienici e di giardino o di orto.

14 Giardino Jacquard-10

Nel percorso, che collegava il quartiere operaio alla fabbrica, si incontravano le scuole, l’ambulatorio, l’asilo; il Rossi realizzò anche un teatro e mise a disposizione degli operai un favoloso giardino progettato su modello dei giardini romantici inglesi con una serra riservata alla sua collezione di orchidee e altre piante esotiche, in realtà una passione molto diffusa tra le famiglie facoltose della seconda metà dell’Ottocento. Il giardino fu dedicato al francese Joseph-Marie Jacquard, inventore di un telaio che consentiva la creazione di stoffe con fantasie complesse e non solo a righe.

I monumenti al lavoro
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Traccia emblematica dell’atteggiamento paternalistico della visione di Alessandro Rossi lo possiamo ritrovare nella statua che egli dedicò ai suoi operai: il Monumento al tessitore, un tempo davanti all’ingresso principale della fabbrica e ora nella piazza centrale della città, dedicata ad Alessandro Rossi, che tutti a Schio conoscono come l’Omo, ovvero uomo in dialetto veneto.

Sembra si tratti di un raro esempio, forse unico, di monumento dedicato “Ai suoi lavoratori”, e chiaro diventa l’intento quando si vanno a leggere le formelle che ne decorano la base:
• Rivendichiamo rinnovando l’arte dei padri
• Eguali dinnanzi al telaio come dinnanzi a Dio
• L’avvenire è dei popoli lavoratori
• Capitale lavoro di ieri, lavoro capitale del domani
• Pronti alla navetta per la famiglia, alla carabina per l’Italia ed il Re
• Il lavoro ci affranca ed eleva
• Conquiste di lavoro, conquiste d’oro
• Dal telaio il risparmio, dal risparmio la proprietà

berta

In una sorta di par condicio ante litteram a questo punto vogliamo ricordare l’icona della “Berta che filava”, un tema che rievoca invece la maestria del lavoro femminile e il suo valore. Alessandro Rossi incaricò Augusto Benvenuti di realizzare una statua con questo soggetto per celebrare l’artigianato femminile, da cui trasse i suoi primi collaboratori. La statua fu collocata dapprima nella sua villa di Santorso e poi portata a Schio a Villa Rossi, da cui si dice sia stata trafugata negli anni ‘50. La statua della Berta è stata celebrata anche con una cartolina commemorativa edita dal Circolo Filatelico Scledense in occasione del Centenario di Alessandro Rossi.

Le statue rossiane - Collezioni. Museo Digitale Altovicentino

In occasione del bicentenario della nascita dell’imprenditore, è stata realizzata una mostra virtuale delle statue che lo rappresentano e di quelle che lui ha commissionato. Questo insieme restituisce la vivacità di un’epoca, in cui innovazione tecnologica e trasformazione sociale hanno segnato il passo.

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