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Museo Civico di archeologia e scienze naturali “Giuseppe Zannato”

Montecchio Maggiore
Il Museo Civico “Giuseppe Zannato” ospita due importanti collezioni in dialogo tra loro e con il territorio: quella naturalistica e quella archeologica. Qui si possono trovare reperti paleontologici, gemme e minerali dal territorio vicentino, una stupefacente collezione di crostacei fossili italiani e internazionali; così come ganci celtici, materiali protostorici e romani, elementi di cintura longobardi decorati ad agemina, tutte testimonianze relative al territorio dell'Agno-Chiampo. Il Museo è inoltre la sede operativa del Sistema Museale Agno-Chiampo.
La visita
Nel piano seminterrato si trova la sezione naturalistica, che accoglie gemme e minerali del Vicentino, reperti paleontologici provenienti dal territorio ed una eccezionale collezione di crostacei fossili italiani ed internazionali. Mentre nel piano nobile è ospitata la sezione archeologica, organizzata in cinque sale, in cui sono esposti reperti dal Neolitico fino all’età longobarda, provenienti dal territorio della valle dell’Agno e del Chiampo.
La storia
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Fondato nel 1922 come museo privato dal Cav. Giuseppe Zannato, diventa comunale nel 1983.

Nel 1983 inizia con tre sale, che salgono a sette nel 1998. In questo periodo la sede è nel seminterrato della Biblioteca Civica (Villa Lorenzoni). Dal 2007 occupa l’intero palazzo di Villa Lorenzoni e si compone di dodici sale, una grande aula didattica, laboratori, uffici.

Nei primi anni fu sostenuto da un varietà di collaborazioni, con ruoli diversi. In particolare si distingue, per il suo apporto costante e qualificato, il ruolo sostenuto dall’Associazione Amici del Museo. Non mancarono tuttavia un forte impegno della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto e dell’Università di Padova. Oggi queste collaborazioni proseguono, ma la gestione comunale diretta è assicurata dalla presenza in ruolo di due conservatrici (archeologa e naturalista), di un Direttore e di personale di custodia.

Il Museo svolge inoltre attività di ricerca, di didattica e divulgazione e si pone come punto di riferimento culturale per i cittadini dell’Ovest vicentino su tutte le problematiche relative all’archeologia e alle scienze naturali.

Si distingue per la sua importanza internazionale la collezione di granchi fossili; altre collezioni naturalistiche riguardano altri fossili del territorio e minerali e gemme del vicentino. Le testimonianze archeologiche vanno dalla preistoria fino ai Longobardi.

Sabato dalle 15.00 alle 18.30

Domenica  dalle 9.30 alle  12.30 e dalle 15.00 alle 18.30

Aperture straordinarie in occasione di festività sono segnalate sul sito web del Museo www.museozannato.it

€ 3,00 intero

€ 2,00 ridotto over 60 anni, under 18, quota individuale per comitive

Gratuito bambini fino ai 10 anni

€ 6,00 biglietto cumulativo per visita con accompagnamento a Castelli di Giulietta e Romeo, Priare e Museo (con validità di un mese dal primo utilizzo)

Tel. 0444 492565

E-mail: museo@comune.montecchio-maggiore.vi.it

Sito web: www.museozannato.it

come raggiungerci
Servizi disponibiliWCGuardarobaBarSala conferenzeArchivioParcheggioRaggiungibile con mezzi pubbliciBookshopPercorsi per bambiniArea ristoroArea ristoro coperta
Conchiglie
Granchio fossile
Ascia in pietra
L’ascia in pietra verde levigata, fotografata dai tre lati, è databile al Neolitico recente - Bronzo antico (fine V - fine III millennio a.C.) ed è stata rinvenuta a Brendola, in località Fosso del Gotòro, negli anni ’70 del secolo scorso. L’ascia è integra, salvo alcune sbrecciature sul tagliente. I fianchi e il tallone, dove l’ascia veniva fissata al manico, sono bocciardati, mentre la parte più prossima al tagliente è accuratamente levigata. E’ realizzata in eclogite, una pietra appartenente al gruppo delle metaofioliti ad alta pressione. Questo tipo di roccia proviene dalle Alpi occidentali (Piemonte e Liguria) e ha avuto, soprattutto nel Neolitico, un’eccezionale diffusione anche a grande distanza dal luogo di provenienza, sia in Italia che in Europa, grazie alle caratteristiche di resistenza, pregio estetico e facilità ad essere lucidata. Trattandosi di un rinvenimento casuale in un sito da cui provengono molti reperti di età romana, non sappiamo se l’ascia fosse in giacitura primaria, e quindi documenti una più antica frequentazione del sito, o se sia stata riutilizzata come amuleto in età romana, secondo un costume ben noto. Testimonianze del Neolitico e dell’età del Bronzo, tra cui tracce di “strade preistoriche”, sono presenti nelle vicinanze. Ora è possibile osservarla al Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” – Montecchio Maggiore.
Lamina votiva
Questa lamina votiva in due frammenti in bronzo fu rinvenuta ad Alte Ceccato in località San Giacomo tra il 1986 e il 1988, insieme con altri frammenti a seguito di arature profonde. La lamina, lavorata a sbalzo e a incisione, è conservata per meno della metà e presenta un guerriero con elmo e scudo, entro una cornice a borchie. La raffigurazione completa, secondo un recente studio, doveva essere quella di un guerriero a cavallo, come possiamo vedere nel disegno che ne ipotizza la forma originaria. La lamina proviene da un’area di grande interesse archeologico: il tratto di pianura stretto tra le ultime propaggini dei Lessini e i Berici, è da sempre punto di passaggio obbligato della viabilità e rivestiva già almeno dal Neolitico recente un ruolo di primaria importanza per gli spostamenti e gli scambi. A partire dal 148 a.C., di qui passò l’asse stradale della Postumia, il cui effettivo tracciato nella zona non è tuttavia ancora precisamente identificato. Ora è esposta al Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore.
Lamina votiva ipotesi
Lamine di questo tipo, realizzate a sbalzo o a stampo e in genere di dimensioni minori, erano appese come doni votivi nei santuari all’aperto degli antichi Veneti; periodicamente, per fare spazio, si scartavano le lamine più vecchie, che, in quanto oggetti sacri, venivano deposte in fosse votive, a volte dopo essere state accuratamente ripiegate, come testimoniano le linee di piegatura presenti anche sulla nostra lamina. L’analisi dello scudo di tipo celtico e soprattutto dell’elmo con paranuca consente di attribuire la lamina al I secolo a C. È a metà di questo secolo, nel 49 a.C., che gli abitanti del Veneto, e di tutta l’Italia settentrionale, ottennero la cittadinanza romana.
Collana
Di questa collana ci colpiscono le forme e i colori dei materiali che la compongono: quattro elementi a doppio cono in filo di bronzo e perle in vetro di diversi colori. Altrettanto interessanti risultano le forme e le dimensioni degli elementi che la compongono: perle piccole e grandi blu cilindriche, sfaccettate, di forma allungata; perle verdi ovali o lunghe e sottili, perline verdi cilindriche; perle gialle sferiche. Insieme alla collana, furono deposti nella tomba della proprietaria altri gioielli più semplici, quali braccialetti in osso, in bronzo, in ferro e un anello in bronzo, che rivelano comunque una squisita eleganza. Il corredo funebre era completato da una brocca, un bicchiere e una moneta. Quest’ultima, coniata intorno alla metà del IV sec. d.C., consente di datare ai decenni successivi la tomba. Questa collana fu ritrovata a Montecchio Maggiore, in località Carpane, ora nota come necropoli di Carpane, nella fascia di pianura di Alte Ceccato, non lontano dal percorso della via Postumia, ed è esposta al Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore.
Tomba infantile
Uno tra gli elementi tra i più significativi rinvenuti nella necropoli di Carpane nel comune di Montecchio Maggiore è una tomba infantile, composta da elementi di acquedotto riutilizzati e che risale al IV sec. d.C. Venne scoperta nel 1986, durante dei lavori di aratura, che in parte la danneggiarono. Ma, alla scoperta casuale, seguì l’intervento di recupero della tomba e un’indagine archeologica che mise in luce una necropoli tardo romana. Per costruire la tomba furono riutilizzati due elementi in trachite, cioè di una roccia di origine vulcanica, di un acquedotto non più in uso, accostati e chiusi alle estremità con una tegola, un mattone e altri frammenti di cotto. Parte di uno degli elementi in trachite era stato staccato e spostato dall’aratro. La zona del rinvenimento è la fascia di pianura di Alte Ceccato, percorsa sia dalla via Postumia, sia da alcuni cardini, ossia strade intersecanti, recentemente individuati. Ora la sepoltura è esposta al Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore. E’ la sepoltura di un bambino, che colpisce la nostra emotività e ci fa riflettere sull’alto tasso di mortalità infantile che caratterizzava le epoche precedenti alla nostra. La tomba non contiene oggetti di corredo, anche se possiamo immaginare che i genitori avessero deposto qualche oggetto, forse un giocattolo, che non si è conservato perché realizzato in materiale deperibile.
Umbone di scudo
Questo bellissimo umbone in ferro è decorato da lamine in lega di rame applicate: una centrale a forma di croce e cinque a forma di pesce disposte sulla tesa. Queste ultime sono ad oggi uniche tra i ritrovamenti in Italia. E’ stato rinvenuto nella tomba di un cavaliere, nel cimitero longobardo di Monticello di Fara, insieme a numerosi altri oggetti di corredo, quali armi, ovvero una spada, una lancia e delle frecce, due ricche cinture con fibbie, puntali e placche ageminate, cioè intarsiate in argento e lega di rame, una borsa con acciarino e coltello sospesa ad una terza cintura e infine uno sperone al piede sinistro. Il cavaliere cristiano fu sepolto intorno al 650 d.C. presso una chiesa, secondo il tradizionale rituale longobardo. Il cimitero era situato a breve distanza dalla via Postumia, l’importante strada romana che dal II sec. a.C. attraversava la pianura Padana, all'altezza dell'attuale A4. La scoperta è avvenuta nel 2020 durante l'intervento di archeologia preventiva per il nuovo acquedotto anti Pfas Lonigo-Brendola e ha confermato la presenza longobarda nel territorio di Sarego, di cui era indizio il toponimo Monticello di Fara: dal germanico fahren (andare), riferito a gruppi familiari e successivamente a insediamenti longobardi. L’umbone è ora esposto nel Museo di Archeologia e Scienze Naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore.
Vasi
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